martedì

SENZA NUMERI NON C'E' FEDERALISMO

di Maria Flavia Ambrosanio e Massimo Bordignon
Le norme sul federalismo fiscale sono assai complesse e non sarà facile attuarle. Ma se si vuole davvero mettere su un binario corretto il dibattito, la prima cosa da fare è predisporre un quadro di riferimento quantitativo condiviso dei dati disponibili. Bisogna costruire al più presto un sistema informativo appropriato sui dati territoriali, che consenta di raccordare le informazioni che arrivano dalle diverse fonti, spesso contraddittorie tra di loro. Un'operazione di questo tipo accelererebbe l'avvio del federalismo molto più di qualunque legge delega.
Ora che la legge delega sul federalismo fiscale sta per essere definitivamente approvata alla Camera si tratterà di attuarla, con la predisposizione dei relativi decreti legislativi da parte del governo. Non sarà una partita facile, vista l’incredibile complessità della legge e la lunga lista di principi attuativi, trentuno, nella bozza licenziata dalle commissioni referenti all’aula, oggettivamente contradditori tra di loro. Anche per questo, la maggior parte del dibattito sul tema appare francamente stucchevole, perché priva di contenuti concreti.
UN PROBLEMA DI FEDERALISMO CONTABILE
Ma la complessità della legge non è l’unica difficoltà con cui si confronterà il governo. L’attuazione della delega presuppone l’esistenza di informazioni dettagliate e precise sul mondo dei governi locali, i loro sistemi tributari, la struttura e la composizione della loro spesa e così via. Tuttavia, le informazioni disponibili e il livello di trasparenza dei bilanci locali sono lontanissimi da quello che sarebbe necessario per effettuare i conti con precisione. Tant’è che uno dei principi fondamentali della legge delega richiede appunto “l’individuazione dei principi fondamentali dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, in modo da assicurare la redazione dei bilanci di comuni, province, città metropolitane e regioni in base a criteri predefiniti e uniformi”. Ottima idea, ma ci vorrà del tempo per attuarla. La realtà attuale è che il bilancio dello Stato e quello di regioni e enti locali sono entità sostanzialmente non comunicanti; che le regioni applicano una sorta di “federalismo contabile”, allocando in modo difforme le stesse poste, a partire dalle entrate; e che infine i bilanci di comuni e province sono largamente privi di significato, per l’ampia “esternalizzazione” di funzioni pubbliche fuori bilancio ad agenzie e società formalmente private ma sotto il controllo pubblico, in larga misura una conseguenza dei patti di stabilità interna. Un’operazione di pulizia e di consolidamento dei bilanci di regioni e altri enti locali è assolutamente necessaria se si vuole davvero riportare su basi più razionali la finanza locale.Né la situazione è migliore per quello che riguarda le informazioni relative all’allocazione di spese ed entrate nei vari territori da parte dei vari enti appartenenti al settore pubblico. Negli ultimi anni, non c’è ufficio studi o partito politico che non si sia dilettato nella predisposizione di stime relative alla distribuzione territoriale delle risorse e agli effetti che su questa avrebbe il federalismo fiscale.
FARE I CONTI CON I CPT È UN ERRORE
Abbondano in particolare le stime dei cosiddetti “residui fiscali”, la differenza tra ciò che i cittadini di una regione pagano sotto forma di imposte e contributi ai vari livelli di governo e ciò che da questi ricevono sotto forma di spesa pubblica. I grandi quotidiani nazionali hanno spesso dato risalto a questi “numeri”, senza entrare nel merito della metodologia di calcolo né dei problemi che questo comporta. La conseguenza è che ne è stato fatto un uso distorto e scorretto.Ad esempio, un elemento che accomuna la gran parte di questi calcoli recenti è l’utilizzo della stessa fonte statistica, ovvero i Cpt, conti pubblici territoriali, una banca dati predisposta dal dipartimento per le Politiche di sviluppo, con l’obiettivo di ricostruire i flussi finanziari all’interno dei diversi territori regionali, suddividendo la spesa per categorie economiche e funzionali e per i vari enti presenti sui singoli territori regionali (stato, amministrazioni regionali, amministrazione regionali). Operazione meritoria, ma ancora molto lontana dal fornire un adeguato punto di riferimento per valutazioni corrette sulla direzione e l’entità della redistribuzione territoriale, come esplicitamente riconosciuto dagli stessi estensori. Usare i Cpt, senza capirne i limiti, significa produrre risultati del tutto inappropriati. Solo qualche esempio per spiegare i problemi anche ai non addetti ai lavori.Primo, i Cpt eliminano alcune spese: ad esempio, gli interessi sul debito pubblico pagati ai non residenti o i flussi verso l’estero, perché non saprebbero dove allocarli sul territorio nazionale. E gonfiano alcune entrate: considerano le entrate tributarie al lordo e non al netto dei rimborsi d’imposta, non correggendo adeguatamente il dato sul lato della spesa, con il risultato che se si usassero i Cpt per calcolare il saldo netto per le amministrazioni pubbliche scopriremmo di aver già risolto tutti i problemi finanziari del paese, visto che saremmo già abbondantemente in attivo. Secondo, i Cpt forniscono solo dati di cassa, non di competenza. Il problema è che i dati di cassa variano enormemente da anno a anno sul lato delle entrate e che sono inaffidabili per i periodi brevi soprattutto per la spesa in conto capitale, perché questa ha un andamento fortemente ciclico.Terzo, le entrate tributarie regionali e locali non sono disaggregate, così che non è possibile capire chi paga a chi quali tributi in quale regione, e confrontare le stime nei Cpt con le informazioni disponibili da altre fonti. E si potrebbe continuare a lungo.La conclusione è che se si vuole davvero mettere su un binario corretto il dibattito sul federalismo fiscale è in primo luogo necessario predisporre un quadro di riferimento quantitativo condiviso dei dati disponibili. Ènecessario in altri termini che si avvii al più presto la costruzione, da parte di tecnici e accademici, di un sistema informativo appropriato sui dati territoriali, che consenta di raccordare le informazioni provenienti dalle diverse fonti, Istat, ministeri, Ragioneria, e così via, spesso tra di loro contraddittorie. Un’operazione di questo tipo farebbe fare più passi avanti al federalismo fiscale di una dozzina di leggi delega.

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