martedì

Ricostruire sì, ma come? No alle collette inutili


Paolo Hutter e Guido Viale
Dopo il disastro annunciato dell'Abruzzo, prima dei prossimi disastri annunciati diciamo basta all'esagerazione edilizia, alle costruzioni sregolate, al mito dell'aumento delle cubature. Le risorse pubbliche e private devono essere prioritariamente dedicate a mettere in sicurezza edifici pubblici e privati, a fargli risparmiare energia e ove possibile produrne coi pannelli. Questa è la prima opera pubblica necessaria del paese. Fermare le spese inutili o non prioritarie come il Ponte sullo Stretto la Tav al Frejus le nuove autostrade. Le banche diano la priorità al risanamento edilizio energetico e antisismico e non agli ampliamenti edilizi e tantomeno ai grattacieli.

Non parteciperemo a nessuna colletta in soldi per l'Abruzzo , perchè lo Stato ha il dovere di assistere gli sfollati e deve avere il coraggio di tassarci se c'è bisogno, e di fermare le spese inutili che abbiamo detto, e altre come i cacciabombardieri.Poco fa (8 aprile pomeriggio) Berlusconi che detto che non occorrono più vettovaglie e materiale, caso mai soldi. Certo farebbe comodo al governo non modificare i propri programmi economici perchè mezzo miliardo di euro gli arriva dalla commozione popolare..

Anche per quanto riguarda la Casa dello Studente, che rettori e collettivi studenteschi han proposto di ricostruire con sottoscrizioni popolari, il Ministero della Pubblica Istruzione ha stanziato i fondi. Come al solito i problemi più gravi sono per chi non è nel cono di luce dell'attenzione del momento.

Pensiamo per esempio a chi vive in una vecchia casa in zona sismica e ha perso il lavoro e non ha i soldi per mettere in sicurezza l'edificio.
Volontariato e ospitalità sì, sono risorse non monetizzabili, sono scambio umano e sociale. Ma soldi ne daremo - e suggeriamo di darli - solo alle associazioni e formazioni politiche che si battano per gli obiettivi di sostenibilità che abbiamo indicato.
09/04/2009

Per Jeremy Rifkin energia, economia ed ecologia crescono in parallelo

MARK UP dialoga con l´economista americano che sarà in italia all´incontro Nielsen di maggio. Cominciare a pensare al tema dell'energia in modo nuovo, degno del XXI secolo: così Jeremy Rifkin presenta la sua idea di terza rivoluzione industriale. Scelte come quella di tornare alle centrali a carbone o anche a centrali nucleari, agli occhi dell'economista americano sono passatiste e controproducenti e portano con sé problemi ben più pesanti rispetto ai possibili benefici.
MARK UP incontra l'economista e autore americano a Bologna, in occasione della sua lezione magistrale a chiusura del festival dell'urbanistica Urbania. È la seconda volta, dopo quella del settembre 2004 (MARK UP n. 120, intervista di copertina pagg. 20-23). - Un futuro diverso Per il futuro occorre puntare su nuove forme di energia, ma quali? "Quelle provenienti dalla trasformazione dei rifiuti, per esempio - risponde Rifkin - l'energia geotermica. Penso a edifici in grado di generare energia pulita e di condividere le eccedenze di produzione attraverso una rete di scambio con i vicini. Chi sostiene l'energia nucleare afferma che abbiamo la soluzione al problema della CO2. Eppure ciò non ha senso: una centrale nucleare comporta più problemi che risultati. Non solo: oggi nel mondo ci sono 1.400 centrali che coprono il 5% del fabbisogno, e per di più sono obsolete. Anche se si ristrutturassero, non arriverebbero a coprire il 20% delle necessità. Bisognerebbe costruirne una ogni trenta giorni per sessant'anni. Si tratta di un'idea delirante, in tempi di crisi economica globale anche solo pensando all'investimento...". - Capolinea crisi Inevitabile arrivare al tema dell'attuale contingenza mondiale. Spesso vista quale pietra tombale di qualsiasi ipotesi sperimentale verso un domani differente, costruito su logiche di sostenibilità. Sulla crisi, Rifkin sembra essersi fatto un'idea chiara. "I tre fattori di crisi (finanziario, energetico, ambientale) si alimentano reciprocamente. Siamo nell'occhio del ciclone, tutto si fonda sulla globalizzazione partita da ipotesi sbagliate. Che fare? Anzitutto riconoscere l'esistenza del problema e del fatto che serviranno anni e anni per recuperare. Ma, soprattutto, prendere atto che serve una nuova visione della storia e della civiltà umana, che sia soluzione alle tre crisi insieme. Ci sono milioni di opportunità di lavoro che possono essere create mediante la scelta di produrre energia sicura.
Energia, economia ed ecologia possono andare di pari passo. La terza rivoluzione industriale sarà caratterizzata dall'energia diffusa e dall'informatica. Qualcosa che ricordi il passaggio dal mainframe al pc.". - Una lezione appresa da internet L'intera logica è, dunque, un'altra. Occorre guardare avanti, osservare i giovani che, preparati da internet, vogliono produrre l'energia e gestirla come gestiscono i loro file: in modo libero, creando reti interconnesse di energia. "Le tecnologie dell'informazione distribuita e il capitale redistribuito creeranno più occasioni di lavoro per i giovani. La terza rivoluzione industriale darà più lavoro a tutti". Rifkin presenta così le ipotesi per realizzare la sua visione del futuro. "Sono già aperti forum di discussione sull'energia solare e geotermica. Coinvolgono grandi aziende, pronte a investire, così come imprese del settore edilizio e immobiliare, pronte per la nuova avventura. E, ancora, ci sono imprese che dichiarano di volersi occupare dello stoccaggio dell'idrogeno e società che forniscono servizio pubblico di distribuzione, anch'esse disposte a muoversi in un sistema sostenibile dell'energia". Il primo pilastro, come detto, riguarda la microproduzione e l'appoggio informatico per la messa in comune delle rispettive eccedenze. Il secondo pilastro è la raccolta e lo stoccaggio delle fonti energetiche pulite rinnovabili. - Passaggi di civiltà energia e scrittura insieme "Nell'ambito che stiamo trattando i grandi cambiamenti avvengono quando una civiltà cambia contemporaneamente regime energetico e modalità di comunicazione. È riscontrabile in alcuni passaggi storici: i sumeri hanno elaborato un sistema idraulico per creare energia e contemporaneamente hanno creato la scrittura. Quando si introdusse la tecnologia del vapore, contemporaneamente arrivò il telefono. La rivoluzione delle Ict (internet, il wifi) distribuita senza un vertice unificante dà un'indicazione di sistema anche per l'energia.
Mentre con le energie note come quelle derivanti da petrolio e dal nucleare si doveva centralizzare, ora dobbiamo prendere atto che l'energia rinnovabile è dovunque, nel mare, nel vento, nelle foreste nei rifiuti e sottoterra".Ogni casa diventa un centro di produzione. Ecco la ristrutturazione edilizia del secolo Ripensare gli edifici come piccole centrali energetiche. Dovranno essere in grado, cioè, di catturare energia (solare, eolica, geotermica ecc.) per poi metterla in comune. I nuovi edifici rappresentano insieme un problema e una soluzione. La svolta poggia su un primo pilastro, che è quello della produzione in loco dell'energia. L'energia diffusa è vicino a noi, è ovunque. C'è la necessità di ristrutturare l'edilizia attuale e costruire nuovi edifici in grado di produrre energia. - Ogni sito deve essere pensato per raccogliere e generare di volta in volta energia dal sole, dal vento, dai rifiuti, dalle scorie agricole e boschive, da fonti idriche e geotermiche, dalle onde e dalle maree: un quantitativo sufficiente a soddisfare le proprie esigenze e a creare eccedenze energetiche da condividere. Nel sistema attuale il 30% dell'energia consumata è destinato alle abitazioni e non va dimenticata l'incidenza che hanno le industrie, per esempio quelle alimentari, nell'utilizzo di energia e nella produzione di CO2.
"Eppure il rapporto si può ribaltare. Guardando a tecnologie pulite, ci si accorge che può bastare un solo sito industriale a fornire energia a 4.200 residenze familiari. General Motors ha deciso di ristrutturare secondo questi principi la sua fabbrica a Saragozza (Spagna) investendo 78 milioni di dollari per installare celle fotovoltaiche sul tetto e produrre tanta energia da soddisfare 4.200 case private. I costi di ammortamento sono di soli nove anni. Ancora: in Oregon (Stati Uniti) c'è il parco tecnologico del XXI secolo che usa esclusivamente fonti eoliche e solari. Questa è la rivoluzione industriale". In tale ottica, evidentemente, anche i centri commerciali potranno contribuire, proponendosi in qualità di grandi produttori di energia. Si tratta di implementare reti intelligenti di connessione e si potrà condividere l'energia come già oggi si condivide l'informazione. "I giovani sono già in grado di ragionare in maniera distribuita. Ciò va verso la creazione di un mondo sostenibile.
Sant'Antonio - terza città industriale degli States - ha sposato questa nuova idea di rivoluzione industriale, accettandone il modello: perché Bologna non potrebbe farlo?". - Connettere l'Italia comunale È possibile immaginare gli edifici delle città storiche italiane messi in rete? Si può fare, e si può fare anche in fretta, secondo Rifkin. Nella città scelta come prototipo di questa terza rivoluzione saranno installati pannelli solari anche sui vecchi edifici. "Le energie rinnovabili sono l'unica possibilità che abbiamo di fronteggiare il cambiamento climatico.
Il solo modo per non accelerare ulteriormente il riscaldamento del pianeta. L'Italia deve tenere conto, per esempio, che la Spagna, che le è molto simile, è già riuscita in due regioni, Aragona e Navarra, ad approvvigionarsi per il 70% da energia rinnovabile: eolica e solare". E indica su quali forze si deve contare per realizzare questa rivoluzione. "Occorre che i politici e gli industriali aprano il dialogo con il terzo settore, con la società civile. Se i politici avranno questa lungimiranza la terza rivoluzione industriale si farà". (Il Sole 24 Ore)

mercoledì

E alla fine la Gelmini ha tagliato

di Giorgio Mele

C’è qualcosa di perverso nel modo di governare del ministro Gelmini. Dopo aver sbandierato e giurato nei giorni scorsi che le polemiche sui tagli alla scuola erano senza fondamento, nella circolare emanata negli scorsi giorni l’ineffabile ministro ha obbedito ancora una volta e pedissequamente alla logica di Tremonti e alla filosofia di fondo di questo governo tesa ad affossare la qualità della scuola pubblica.
Sono stati tagliati 42 mila insegnanti nel biennio 2009-2010. Vengono colpiti tutti gli ordini e gradi della scuola italiana, vengono tagliati gli insegnanti di lettere, gli insegnanti di tecnica. Gli insegnanti delle elementari e quelli delle superiori.In questo modo il governo, al di là dell’accoglimento di alcune richieste del sindacato, agisce consapevolmente come uno dei fattori della crisi. Tutti i dati sull’occupazione in Italia e nel mondo indicano una contrazione degli occupati e pongono la necessità di trovare tutti gli strumenti necessari per fronteggiarla e il governo invece come un qualsiasi padroncino irresponsabile decide di continuare nel suo progetto e di gettare nel dramma della disoccupazione per ora 42000 persone e nei prossimi anni altri centomila. Chissà come deve godere il ministro Brunetta di fronte a questa macelleria sociale che colpisce in primo luogo le donne che ormai, quando saranno licenziate, avranno tutto il tempo di fare la spesa anche di mattina senza uscire più dall’ufficio.Con questi tagli e con la riduzione dei finanziamenti le scuole rischiano sempre di non dare un’offerta formativa all’altezza della sfida culturale del presente e vengono ulteriormente penalizzate le regioni come quelle meridionali dove i servizi sono già decisamente carenti.
Ma il punto più significativo è che l’attacco alla scuola pubblica è l’attacco ad una dei fattori più importanti di coesione sociale e di unità del paese. Con la attuazione del federalismo questo rischio di divisione e di disgregazione dell’unità culturale del paese diventa ancora più potente e con essa si alimenta una diseguaglianza inaccettabile tra i cittadini di questo paese. Migliaia di lavoratori della conoscenza hanno marciato a Roma insieme alla Cgil per contrastare questo disegno distruttivo, non hanno fatto una scampagnata, come dice quello zuzzerellone di Brunetta, hanno dimostrato perché la scuola pubblica non venga smantellata, perchè non venga abolito il valore legale del titolo di studio come ha spesso annunciato la Gelmini e perchè non venga approvato il disegno di legge Aprea in discussione nelle commissioni parlamentari, che aprirebbe all’americanizzazione (alla privatizzazione) e allo stesso tempo alla balcanizzazione della scuola italiana. Cioè tutto il contrario di cui ci sarebbe bisogno. Ed è su questo che come sinistra nelle prossime settimane dobbiamo sviluppare dovunque una iniziativa concreta e costante. Ne va del futuro di tutti noi e dei nostri figli.

martedì

“Blitz inaccettabile per la riconversione di Porto Tolle a carbone”

Greenpeace – Legambiente –WWF
Introdurre un emendamento approva centrali a carbone in un DL sugli incentivi anti crisi da sottoporre alla fiducia del Parlamento è un inaccettabile inganno da prestigiatore contro le norme italiane ed europee. Invece che puntare sulle rinnovabili, come USA, Germania e altri Paesi leader nel mondo, l'Italia torna al carbone e al nucleare, una scelta di retroguardia che non tiene conto dello scenario internazionale di promozione delle tecnologie verdi in campo energetico e ambientale.
La conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle, nel bel mezzo di un parco naturale patrimonio dell’Umanità per l’UNESCO, comporterà impatti devastanti per il delicato ambiente del Delta del Po, come il passaggio di 3000 chiatte all’anno per portare il carbone all’impianto.
Con questo emendamento il Governo approva una deroga inaccettabile alla Legge Regionale che istituisce il Parco Naturale e che vieta espressamente l’utilizzo del carbone, permettendo la riconversione del nuovo impianto che aggiungerà 10 milioni di tonnellate di CO2 ai ritardi dell’Italia rispetto agli obblighi di riduzione previsti dal Protocollo di Kyoto.
Le 12 centrali a carbone attive in Italia hanno prodotto nel 2007 il 14% del totale dell’energia elettrica a fronte di un’emissione del 30% dell’anidride carbonica emessa per la produzione complessiva di elettricità.
Con questo “blitz” il Governo fa carta straccia degli impegni internazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra, per i quali l’Italia è già inadempiente, e dei nuovi impegni europei per lo sviluppo delle fonti rinnovabili al 2020. Una politica energetica ottusa e antistorica che riporta il Paese al medioevo energetico, proprio mentre il resto del mondo guarda con fiducia a una nuova rivoluzione tecnologica pulita, efficiente e rinnovabile per salvare il Pianeta dai cambiamenti climatici e per creare nuovi milioni di posti di lavoro verdi con cui affrontare la crisi economica. Greenpeace, Legambiente e WWF commentano così in una nota congiunta la norma che dà il via libera alla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle.


Gli Uffici stampa

Greenpeace
Ufficio stampa Greenpeace +39 06 68136061 (int.211)
Vittoria Iacovella, addetta stampa, +39 348 3988615
Francesco Tedesco, Responsabile Energia e Clima, +39 348 0856944

Legambiente (06.86268379-76-53-99)

WWF (06.844971)

Procurato allarme, prevedere e prevenire terremoti e altre sciagure in un’Italia contro la scienza

di Gennaro Carotenuto,
Il paese che cade giù a pezzi anche senza bisogno di un terremoto (a volte basta un acquazzone come a Sarno), è quello nel quale si dà all’untore o si denuncia per “procurato allarme” uno scienziato che aveva previsto con precisione il terremoto in Abruzzo non in un futuro ipotetico ma qui e ora.
Forse dovranno dargli il premio Nobel a Giampaolo Giuliani, che all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare sotto il Gran Sasso ci lavora, per quel meccanismo che sembra in grado di sentire arrivare i terremoti qualche ora prima. O almeno ascoltarlo invece di trattarlo come una Cassandra. Ma forse non poteva andare diversamente in Italia se meno di una settimana fa, il 31 marzo, San Guido Bertolaso, un’icona dell’efficientismo bi-partisan, aveva insultato "quell’imbecille che si diverte a diffondere notizie false".
Forse era impossibile far davvero evacuare l’Aquila come la previsione di Giuliani (il rivelarsi esatta non è una colpa) induceva a fare. Ma in un paese oramai anti-scientista sempre e comunque, in pochi oramai sanno distinguere uno scienziato o una scienziata da una fattucchiera. In un paese sempre più ignorante, e quindi sempre più superstizioso, la prevenzione, il preparare la cittadinanza a eventi catastrofici, il lavorare non per cancellarli con un miracolo, ma per ridurne al minimo le conseguenze come si fa in paesi più sismici ma anche più civili del nostro, è sempre più mal visto. Oltretutto costa e non offre quei dividendi d’immagine, di favori, di clientele che le tragedie annunciate offrono ai politici dopo che questi hanno già speculato su deroghe, proroghe, sanatorie, condoni. Meglio una photo-opportunity (dopo) per un politico, meglio andare a benedire le salme (dopo) per un cardinale, meglio costruire male (prima) e ricostruire (dopo, bene?) per il sistema edilizio, meglio condurre una lunga diretta da “breaking news” (dopo) che realizzare una noiosa inchiesta (prima) per un giornalista.
Forse sarebbe stato meglio se Bertolaso con Giuliani ci avesse fatto una chiacchierata (prima) invece di denunciarlo. Questo, come qualunque scienziato onesto, poneva un problema rompendo uno schema stantio per offrire una soluzione per risolverne uno più grande. I terremoti non si possono prevedere, dicono. Chissà, magari in futuro si potrà come per i segnalatori di fughe di gas e magari il merito sarà della vituperata ricerca scientifica italiana. Ma il prevedere o meno sposta i termini della questione.
Il problema non è prevedere, è prevenire. Mille cose possono essere fatte e vengono fatte altrove, ma già, noi italiani dei giapponesi preferiamo riderne. Ma è meglio spendere soldi, allarmare, per evitare una tragedia, far rispettare e non derogare norme antisismiche prima, oppure invocare la fatalità e il destino cinico e baro dopo? E’ meglio fare campagne per insegnare a usare il preservativo o invocare l’astinenza contro l’AIDS? Meglio un peccatore all’inferno o un santo vivo? Chi adesso userà il decreto sull’edilizia, il “Piano casa”, per alzare di un piano la propria abitazione (ringraziando il governo) la renderà più o meno anti-sismica?
In un paese dove oramai tutti gli studiosi sono considerati azzeccagarbugli, grilli parlanti da schiacciare sulla parete, se non irrisi come fannulloni e additati tutti come baroni (pure i ricercatori precari nella vulgata Perotti-Stella) la scienza, lo studio, è oramai la più negletta delle discipline. Ma per un Giuliani che aveva avuto l’ardire di predire un terremoto quanti consigli che dagli studiosi vengono sono ignorati, presi con sufficienza o addirittura rifiutati? Sono impopolari, fanno spendere, rompono schemi mentali consolidati, causano problemi con i poteri forti. Quanti costituzionalisti (scienziati della Costituzione) avevano avvisato che la legge sulla fecondazione assistita così come concepita era perlappunto incostituzionale? I politici sono andati avanti per poi stracciarsi le vesti di fronte l’attentato della Corte Costituzionale (sic) alla centralità del Parlamento. Come se sostituendo alle regole civili la volontà d’Oltretevere bastasse portare il santo patrono in processione per fermare i terremoti o le eruzioni vulcaniche.
Del resto a che serve la ricerca scientifica (è il messaggio) se non a creare rompiscatole, cassandre, fondamentalisti dell’ambiente, regole, controlli, tasse, ovvero le cose più invise agli abitanti del paese del “meno male che Silvio c’è”. Magari a volte sbagliano gli scienziati ma sarebbe il caso di parlare, dare spazio a quelli che vorrebbero prender precauzioni per tutte quelle radiazioni, quei pesticidi, quelle polveri sottili che ci attraversano la vita, per le incipienti centrali nucleari in un paese sismico come l’Italia dove se vedi un pannello per l’energia solare ti viene ancora voglia di fotografarlo come una stravaganza. Per l’opportunismo a breve termine e la grettezza del potere politico ed economico stiamo ritornando al Sillabo di Pio IX.
Forse la denuncia di Giuliani non poteva essere presa in considerazione, ma nel paese dove ogni anno che il padreterno mette in terra, governi di destra e sinistra, approvano un “decreto mille proroghe” (sic) dove si rinviano, spesso a mai, scadenze importantissime come quelle per l’applicazione delle norme antisismiche, è mille volte meglio evacuare l’Aquila a vuoto perché uno scienziato si sbaglia (prima) piuttosto che la processione di politici e sciacalli già pronti a lucrare sulla ricostruzione (dopo).
Forse non è questione di prevedere (i terremoti, le alluvioni, le fughe di gas, le catastrofi nucleari) ma di essere preparati, mettere il territorio in sicurezza, di essere un popolo in grado di affrontare il proprio destino con razionalità e non con fatalismo. Più che di angeli del fango ed eroi che salvano vite scavando a mani nude tra le pietre abbiamo bisogno (prima) di una merce ormai introvabile: progresso, progresso scientifico, progresso sociale, progresso culturale.