martedì

La sicurezza è un obiettivo di tutti, da destra a sinistra: far avanzare analisi e proposte condivise per azioni concrete e non di facciata

I sindacati di polizia non sono stati abbagliati dai proclami sulla sicurezza. Con dati oggettivi alla mano ci richiamano alla realtà del problema: mancanza di mezzi, decurtazione delle risorse finanziarie, impossibilità degli operatori ad essere tempestivamente sul territorio.
I dati esposti dal sindacati SAP e UGL parlano chiaro: in questo momento è difficile garantire la tanto richiesta sicurezza e a quasi nulla valgono il tran-tran in città delle camionette dell’esercito, scortate dalle poche auto della polizia rimaste ancora circolanti.
Questi sono i dati reali.
Mettere davanti agli occhi dei cittadini la sicurezza percepita è un conto, offrire una reale sicurezza è un altro paio di maniche.
Che fare ?
Esprimere solidarietà alle forze di polizia per l’attuale ingrato compito che hanno di fare le nozze con i fichi secchi sul problema, rischiando anche sulla propria pelle, è il meno che si possa fare.
Ma è troppo poco.
I Verdi ritengono che oltre far aprire gli occhi ai cittadini su questa dura realtà, sia necessario fare uno sforzo tutti, tutte le forze politiche, finché la sicurezza sia davvero garantita.
Non va fatto un discrimine se AN con il ministro La Russa considera esauriente l’uso dei militari nelle città (e negli altri territori ?), o se la Lega con Maroni suggella le ronde; tutti coloro che sono nella politica, da destra a sinistra, devono impegnarsi per formulare risposte vere e condivise a sostegno della richiesta di sicurezza (piattaforma).
Vanno avanzate nuove proposte, efficaci: sollecitando gli organismi competenti (Prefetto, Questore), creando un tavolo di confronto e risolutivo tra gli esponenti parlamentari, così da far arrivare Roma posizioni concrete (piani, risorse, normative).
La sicurezza non può essere un emblema, qualche volta sfiorando la caricatura, della Lega o di AN. Rispondere a questa istanza così fortemente sentita dall’opinione pubblica è un dovere di tutti, così come togliere di mezzo le sue false soluzioni.
E vengono poste delle domande che vorrebbero delle risposte: ad esempio l’assessorato alla sicurezza della Provincia cosa ha fatto in questi anni, quali risorse ha attivato, quali piani ha approntato. E poi il combustibile delle camionette dei soldati non sarebbe meglio utilizzarlo per le pantere della polizia.
Solo con la massima concretezza e lucidità, le forze dell’ordine non si sentirebbero più sole e isolate, ma invece potrebbero agire con efficienza; e solo così la politica non utilizzerebbe questo problema per dei proclami, o dei tornaconti di parte; solo così i cittadini sarebbero veramente sicuri.
Anche la sinistra non deve nascondersi, affermando che la sicurezza è quella del posto di lavoro garantito, del giovane che non è più precario, della scuola che funziona. Certo sono prioritari questi obiettivi; ma sono anche necessarie le gazzelle dei poliziotti che almeno girino per le nostre strade, per tutelare i cittadini, dalle donne, ai giovani, agli anziani.

Verona, 16 marzo ‘09 Claudio Magagna – Federazione Verdi

La privatizzazione dei servizi sociali. Tosi toglie la maschera sulla bontà della sua Giunta

Non sono conosciute le scelte che sta facendo oggi la Giunta presieduta dal sindaco Tosi in merito al tentativo di esternalizzare alcuni servizi sociali del Comune come le mense e gli asili nido, le scuole dell’infanzia, musei e biblioteche; ma una certezza i Verdi a riguardo la esprimono: nessun depotenziamento di queste prestazioni, ritenute per lo più d’eccellenza, nessuna penalizzazione dei lavoratori addetti, ma soprattutto nessun danno per i cittadini e per le famiglie, che in questi anni hanno potuto apprezzare questi servizi.

I Verdi ritengono utile che su temi come quello della privatizzazione dei servizi delle mense e degli asili nido, ci sia un’immediata risposta della città di Verona. Non è possibile che le famiglie accettino passivamente un ridimensionamento della qualità delle prestazioni per i propri figli.
In questi giorni c’è stata invece una forte determinazione dei lavoratori a contrastare le scelte di Tosi, ma una timida presa di coscienza dei veronesi in generale.

E’ quindi indispensabile che si formino dei comitati di cittadini, di genitori, a livello di quartiere o nelle singole situazione coinvolte, affinché l’amministrazione comunale riveda il progetto nel suo insieme.

I lavoratori devono essere fatti partecipi delle eventuali scelte e non lasciati fuori solo a protestare; le soluzioni devono garantire la qualità dei servizi e non devono esserci speculazioni, o risparmi impropri su questi servizi. E’ infatti utile ricordare che la Giunta Tosi è disponibile a spendere quasi 400 milioni di euro per il traforo delle Torricelle, esattamente 50 volte l’ammontare degli otto milioni previsto per ristrutturare questi servizi sociali fondamentali per la cittadinanza.

E non va nemmeno tirato in ballo l’articolo 77 bis – comma 8 della legge sul Patto di Stabilità degli enti locali, che sancisce che “le risorse derivanti dalla cessione di azioni o di quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali … non sono conteggiate … per il rispetto del patto di stabilità se destinate alla realizzazione di investimenti infrastrutturali …”.

Piuttosto è abbastanza insolito che il sindaco Tosi e i suoi assessori mettano mano a settori municipali che hanno espresso qualità e che potrebbero creare ancora consenso. Evidentemente la partita è molto più complessa e va vista con altre lenti interpretative. E’ in gioco con buone probabilità l’avvio di un nuovo modello di azione amministrativa, voluto in particolare da Tosi e dalla Lega, dove è il privato a fare le scelte e a gestire le risorse finanziarie pubbliche (privatizzazione), dove la qualità della prestazione passa in secondo piano e dove le risorse umane impiegate non devono esibire iniziativa o critiche, ma devono assecondare in pieno la volontà degli amministratori, senza alcun intoppo, o sfasatura. E si è ritenuto quindi più opportuno dare avvio a questo processo, iniziando dall’istruzione e dalla cultura, che per definizione sono sempre state la realtà meno malleabili, più indipendenti verso le politiche dell’ente locale.
E non è un caso che dopo l’elezione del sindaco Tosi, il primo dirigente ad essere stato rimosso sia stato quello della Pubblica Istruzione, in parallelo con quello dell’Ambiente; settori che bisognava “normalizzare”, riportare nell’alveo delle logiche della nuova Amministrazione leghista.

In tutto questo, l’assordante protesta sotto il municipio dei dipendenti comunali interessati alla presunta privatizzazione la dice lunga invece rispetto al preoccupante silenzio della politica e in particolare dei partiti della maggioranza verso il problema, ma anche della necessità di coinvolgere e di informare tutta la cittadinanza su questi temi, argomenti di importanza vitale per Verona.

Claudio Magagna - Federazione dei Verdi di Verona

Più pompe erogatrici in città, a sostegno della scelta del metano

Dopo che il Comune di Verona ha deciso di sovvenzionare l’installazione dell’impianto a metano per circa 250 auto, con una spesa di 40 mila euro, i Verdi rilanciano, chiedendo che l’impulso dato dagli amministratori stessi sia ulteriormente sostenuto, favorendo l’apertura di nuovi distributori di metano per auto nella città di Verona.
Attualmente le colonnine di metano che si trovano attorno alla città sono solo tre e si trovano oltre la periferia. I Verdi sostengono l’esigenza che il rifornimento di gas naturale possa essere fatto anche all’interno del tessuto cittadino, evitando così di penalizzare i veronesi che altrimenti per riempire il serbatoio di metano dovrebbero spostarsi di qualche chilometro, con l’aumento così il volume degli spostamenti, non auspicabile nel già intenso traffico cittadino.
“Solo un distributore è disponibile in città a Verona, ed è quello di Basso Acquar;” – afferma Claudio Magagna dei Verdi – “aprendo altre pompe di metano nell’area urbana, con la salvaguardia peraltro dei requisiti di sicurezza, potremmo dare una grossa spinta all’uso di questo combustibile, che inquina nettamente meno della benzina. Verona sarebbe più pulita e l’impegno dell’ente locale verso l’opzione del gas naturale, a discapito degli altri combustibili fossili, che producono un volume elevato di polveri sottili, assumerebbe un maggior valore. L’iniziativa così di sovvenzionare gli impianti a metano per le auto, non resterebbe un’azione isolata, fine a se stessa, ma assumerebbe un valore di scelta organica e di prospettiva per una Verona meno inquinata”.
I Verdi sono convinti di questa proposta a favore dell’ambiente, considerata anche la grossa spinta che è arrivata dalle aziende automobilistiche, ormai orientate a ridimensionare la benzina a favore dei motori con trazioni alternative, vada fatta con grande determinazione.
Il mercato a riguardo, negli ultimi tempi, ha risposto bene; i clienti si sono trovati d’accordo sull’utilizzo del metano per la propria auto, tanto che nell’ultimo anno le immatricolazioni in Italia di auto a metano sono aumentate di oltre il 200%.
Claudio Magagna sollecita inoltre il Comune di Verona, ma anche le aziende di trasporto locale a seguire queste scelte a favore del metano, acquistando e facendo sempre più circolare corriere alimentate dal gas naturale. I famosi 70 autobus ecologici dell’era del sindaco Zanotto, dovrebbero essere registrati solo come un punto di partenza per questa nuova rivoluzione nel trasporto pubblico e in quello privato, che andrebbe a migliorare la salute dei veronesi, ma anche la qualità del traffico cittadino.

Verona, 26 gen. 09 Claudio Magagna – Federazione Verdi Verona

I Verdi con il Comitato di corso Milano, senza esitazioni


I Verdi condividono la proposta del Comitato per corso Milano: una corsia per ogni direzione, marciapiedi più grandi, piste ciclabili; distribuendo l’attuale volume di traffico su altri percorsi.
Solo in questo modo corso Milano potrà ritornare ad essere una via per il quartiere e non invece una grande arteria di penetrazione alla città com’è in questo momento; con il suo inquinamento, i suoi incidenti, l’impossibilità di dare una prospettiva residenziale degna del nome ai suoi abitanti.

L’amministrazione Tosi deve rivedere il suo progetto, il Consiglio comunale deve farsi parte attiva per raggiungere questo obiettivo, compreso il PD che deve dimostrarsi più determinato a riguardo.

Finora i Verdi, non presenti in Consiglio comunale, hanno preferito rimanere in seconda battuta, senza dimostrare l’impegno che un problema come corso Milano avrebbe meritato sul piano ambientale, ma anche su quello della viabilità e della qualità urbana, convinti che il “lasciar fuori la politica” dalla situazione avrebbe favorito una soluzione, condivisa con i cittadini, in prima persona.

Ancora una volta la Giunta Tosi ha voluto esibire invece il “braccio di ferro” con l’ennesimo comitato, dimostrando di non aver strumentazione adeguata in termini di elaborazione tecnica e di cultura urbanistica per dare delle valide e concrete risposte ai reali bisogni dei cittadini.
Non a caso è fin troppo facile per il Comitato di corso Milano mettere in evidenza la contraddizione di questa Amministrazione, quando dimostra risolutezza per la viabilità a nord con il traforo e poi arruffa con corso Milano.

I Verdi richiamano l’impegno dei vari livelli istituzionali, dal consiglio di Circoscrizione al Consiglio comunale per delineare una “buona” soluzione per corso Milano, che soddisfatti in primo luogo i residenti e poi anche le esigenze della viabilità.
Infine si rivolge alle forze politiche del centro-sinistra affinché su problemi come questo ci sia un’azione comune, condivisa, oltre che incisiva.
Verona, 14/2/09 Claudio Magagna – federazione Verdi Verona

Il quadruplicamento ferroviario tra Padova e Treviglio va fatto, senza sprechi.

Va anche potenziata l’offerta ferroviaria locale per il trasporto dei pendolari e per il decongestionamento delle città, come Verona.

Non deturpando il territorio con interventi inutili e devastanti, come è spesso accaduto con le opere ferroviarie e contrariamente a quanto è opinione diffusa, i Verdi veronesi sono favorevoli alla costruzione dei quattro binari tra Padova e Treviglio, perché così si favorisce il trasporto delle persone e delle merci con il treno.
Primo per decongestionare l’autostrada Serenissima, che con i suoi cento milioni di veicoli all’anno è una fonte primaria dell’inquinamento.
Secondo per affrontare il problema del traffico quotidiano di auto dei pendolari, in particolare nelle principali città capoluogo.
Terzo, per permettere la realizzazione di un sistema ferroviario metropolitano anche nel Veneto occidentale; sul modello del nascente SFMR (sistema ferroviario metropolitano regionale) tra Venezia, Padova, Treviso.
In questo modo il territorio di Verona potrebbe disporre di un’offerta ferroviaria adeguata da Peschiera e da S. Bonifacio, ma anche da Villafranca (mancano solo 8 km del secondo binario) e dall’aeroporto; e soprattutto la Bassa verrebbe riqualificata e tolta dall’isolamento attuale con nuovi binari.

Tutto questo invece può rimanere ancora un sogno. Si sprecano tante buone intenzioni nei convegni, ma poi la realtà è un’altra.
In questi anni, solo nell’ambito veronese, sono state eliminate le stazioni ferroviarie di Cadidavid, Parona, Lugagnano, Sommacampagna (attorno alla città), Pescantina, Ceraino, Pellegrina, Vigasio, Castel d’Azzano, Tarmassia e recentemente Gazzo.
Il presidente della Provincia Elio Mosele, su spinta dei Verdi e di Legambiente, ha avanzato la proposta di un tracciato ferroviario metropolitano tra Legnago e Verona, ma finora è rimasto lettera morta. Il collegamento su rotaia con il Catullo ogni tanto compare sulla bocca dei politici che contano, ma poi plana subito nel dimenchicatoio.

Per questo i Verdi oltre a considerare il quadruplicamento della Padova-Treviglio indispensabile, ritengono che nell’eventualità ci fossero le risorse finanziarie, queste andrebbero utilizzate senza sprechi (in Italia il costo di questo tipo di opere pubbliche è oltre il 30% rispetto alle tabelle europee) e senza interventi correlati, tante volte inutili, per lo più avanzati dal sindaco di turno per propri tornaconti elettorali, ma anche dalle aziende che operano nei cantieri per aumentare il volume di spesa, attraverso le varianti in corso d’opera.
L’ eventuale disponibilità di denaro recuperata andrebbe a favore del potenziamento dei tracciati ferroviari per il traffico locale dei pendolari e della riqualificazione infrastrutturale del territorio veronese nel suo insieme.

Oggi si assiste all’ennesimo convegno a Verona sull’alta velocità ferroviaria. Una gran mole di meeting. Se tutti questi appuntamenti fossero serviti, probabilmente ora avremmo non la linea alta velocità tra Milano e Venezia, ma almeno sei binari tra S. Marco e la Madunnina; ma così non è.
Mancano i soldi per realizzare questi investimenti; nonostante che il progetto della Milano-Venezia, meglio della Treviglio-Padova, sia da anni inserito nella legge “Obiettivo”, quella che prevede le priorità e i finanziamenti per gli interventi infrastrutturali nel quadro nazionale.
Finora si era tentato di dar la colpa per la mancata cantierizzazione anche ai Verdi e ai comitati, se non ai sindaci; ma questo marchingeno non funziona più, ed è stata tolta la maschera al Governo Berlusconi, che non è in grado di far partire la realizzazione dei quattro binari tra Padova e Treviglio.

Federazione dei Verdi di Verona (3462131044)

Il nuovo stadio, opportunità per il privato, ancora oneri per i cittadini

Alcuni numeri, circa la possibile realizzazione del nuovo stadio a Verona.
Ipotesi di spesa per il nuovo progetto 40 milioni di euro, senza considerare la demolizione dell’attuale Bentegodi.
Miliardi 150 delle vecchie lire per l’allargamento dell’esistente, per i mondiali di calcio del 1990.
Non abbiamo un idea di quanto costò il nuovo Bentegodi di piazzale Olimpia a metà degli anni ’60.
Fatti due calcoli a ciascuno dei 250 mila veronesi, compresi i neonati, il quarto Bentegodi verrebbe a pesare nel suo portafoglio almeno mezzo milione delle vecchie lire, circa 250 euro attuali.
Certo, verrebbe da dire, i veronesi sono molto generosi con il calcio: sono disponili a togliere dalle proprie tasche, da quelle dei loro bambini e delle loro moglie, o fidanzate, per far giocare il Verona o il Chiedo, quasi 3 abbonamenti alla Rai, o forse meglio 4 giorni di pensione completa a Rimini, o comunque senz’altro un quinto dello stipendio di un mese. Niente male.
A tutto ciò si aggiunge, come valutazione, che a qualsiasi opera pubblica si addebitano almeno 30 anni di funzionamento. Sotto tale periodo infatti l’intervento viene considerato negativo; sia in termini di oneri per la collettività, ma anche per la sua resa (ammortizzazione). Non a caso le scuole e gli ospedali, anche di Verona, superano ampiamente questo limite temporale.
Nel caso del Bentegodi, se si eccettua la prima realizzazione, quella nel centro cittadino, per il resto non vengono rispettati questi parametri di buona e corretta spesa pubblica.

Perché allora questa frenesia per un nuovo stadio ?
La risposta più semplice si potrebbe ricercare nella rincorsa che già altre città italiane fanne per disporre di nuovi stadi: Roma, Milano, Torino, Napoli; così come è stato in Inghilterra. Tutti “privati” e forse qua casca l’asino, ma in Italia con i soldi pubblici.

A Verona c’è un aspetto particolare, però, anzi ce ne sono due.
Il primo riguarda il valore di piazzale Olimpia, come nuova area residenziale, o meglio immobiliare.
I Verdi propongono che qualsiasi azienda edile o immobiliare che potrà intervernire su questo spazio cittadino, a rischio d’impresa o in project financing, dovrà prima di tutto liquidare gli anticipi che i veronesi hanno pagato in questi anni per le varie ristrutturazioni del Bentegodi; riservando a ciascun veronese il mezzo milione di lire già sborsato.

In secondo luogo e questo è un aspetto ancora poco affrontato, sarà necessario che chi interverrà nella costruzione del nuovo stadio, sarà tenuto a pagare, a tutti i veronesi, gli oneri per la mancata tutela della loro salute, ma anche la svalorizzazione delle loro proprietà immobiliari, nel caso specifico che l’opera fosse realizzata nel parco della Spianà; area essenziale per il valore urbanistico di Verona nei prossimi anni.

Queste possono essere delle coordinate appropriate per affrontare in modo adeguato la questione; altre valutazione trovano il tempo che trovano, visto che scivolerebbero sul vantaggio del privato, anziché della collettività.

Infatti se venissero adottate queste valutazioni/misurazioni, non ci sarebbe nessuno in giro disposto a fare il Bentegodi Quattro. Mentre invece viene il sospetto che le categorie imprenditoriali disponibili a queste iniziative, lo siano solo perché gli oneri sono a carico della collettività, mentre i guadagni vanno nelle loro tasche.

Verona, 16/2/09 Claudio Magagna – federazione Verdi Verona

G8 della Maddalena

G8 della Maddalena: l´Ue "avverte" l´Italia per la Via Ieri la Commissione europea ha deciso di inviare all´Italia un ultimo avvertimento scritto per l´adozione di una legge (ordinanza) in contrasto con le norme comunitarie che impongono di eseguire valutazioni dell´impatto ambientale per determinati progetti.
L´ordinanza del governo Berlusconi istituisce un regime giuridico semplificato per le opere connesse alla riunione dei capi di Stato del G8 che si terrà sull´isola sarda della Maddalena e per quelle riguardanti le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell´unità d´Italia nel 2011. «L´ordinanza prevede, in particolare - scrive l´Ue - la possibilità di dare inizio ai lavori prima del completamento delle procedure di valutazione dell´impatto ambientale. In base alla normativa comunitaria, gli Stati membri devono provvedere affinché l´autorizzazione di progetti con un potenziale impatto significativo sull´ambiente e l´inizio dei lavori ad essi connessi siano subordinati a una valutazione dell´impatto ambientale. Una lettera di costituzione in mora è stata trasmessa alle autorità italiane nel giugno 2008. Essendo il regime giuridico istituito dall´ordinanza tuttora in contrasto con la pertinente normativa Ue ed essendo stato dato inizio ai lavori sull´isola della Maddalena prima del completamento delle procedure di valutazione dell´impatto ambientale, la Commissione si appresta ad inviare all´Italia un parere motivato».
Secondo Monica Frassoni, presidente dei Verdi/Ale al Parlamento europeo, «La decisione della Commissione di inviare un secondo richiamo all´Italia si basa sul ricorso presentato nel marzo 2008 dalle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d´Intervento Giuridico, e sostenute da due mie interrogazione alla Commissione Ue. In tutti questi mesi il governo italiano tramite, il dipartimento della protezione civile, ha trattato con sdegno i nostri ripetuti appelli per applicare correttamente la legislazione europea in campo ambientale nelle procedure connesse a quello che dovrebbe essere la vetrina delle capacità organizzative italiane. Incredibilmente il Dipartimento di protezione civile è giunto ad affermare che la Commissione europea aveva comunicato ufficialmente la piena regolarità dei lavori.
Preoccupa quindi che non solo siano stati avviati degli imponenti lavori in un luogo unico e prezioso per bellezza e ricchezza naturalistica senza un´adeguata valutazione degli impatti ambientali, ma che il governo italiano non sia neanche in grado di capire se la Commissione stia proseguendo una procedura d´infrazione o meno. In conclusione se l´Italia vuole svolgere un ruolo di primo piano sulla scena mondiale farebbe bene ad applicare le normative e a tener in maggior conto le istituzioni europee. Spero che gli elettori si ricordino al momento del voto di giugno, per il rinnovo del Parlamento europeo, che si tratta di un luogo di importanti decisioni in cui i politici al tramonto e i personaggi dello spettacolo non hanno ragion d´essere». (Greenreport)

SENZA NUMERI NON C'E' FEDERALISMO

di Maria Flavia Ambrosanio e Massimo Bordignon
Le norme sul federalismo fiscale sono assai complesse e non sarà facile attuarle. Ma se si vuole davvero mettere su un binario corretto il dibattito, la prima cosa da fare è predisporre un quadro di riferimento quantitativo condiviso dei dati disponibili. Bisogna costruire al più presto un sistema informativo appropriato sui dati territoriali, che consenta di raccordare le informazioni che arrivano dalle diverse fonti, spesso contraddittorie tra di loro. Un'operazione di questo tipo accelererebbe l'avvio del federalismo molto più di qualunque legge delega.
Ora che la legge delega sul federalismo fiscale sta per essere definitivamente approvata alla Camera si tratterà di attuarla, con la predisposizione dei relativi decreti legislativi da parte del governo. Non sarà una partita facile, vista l’incredibile complessità della legge e la lunga lista di principi attuativi, trentuno, nella bozza licenziata dalle commissioni referenti all’aula, oggettivamente contradditori tra di loro. Anche per questo, la maggior parte del dibattito sul tema appare francamente stucchevole, perché priva di contenuti concreti.
UN PROBLEMA DI FEDERALISMO CONTABILE
Ma la complessità della legge non è l’unica difficoltà con cui si confronterà il governo. L’attuazione della delega presuppone l’esistenza di informazioni dettagliate e precise sul mondo dei governi locali, i loro sistemi tributari, la struttura e la composizione della loro spesa e così via. Tuttavia, le informazioni disponibili e il livello di trasparenza dei bilanci locali sono lontanissimi da quello che sarebbe necessario per effettuare i conti con precisione. Tant’è che uno dei principi fondamentali della legge delega richiede appunto “l’individuazione dei principi fondamentali dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, in modo da assicurare la redazione dei bilanci di comuni, province, città metropolitane e regioni in base a criteri predefiniti e uniformi”. Ottima idea, ma ci vorrà del tempo per attuarla. La realtà attuale è che il bilancio dello Stato e quello di regioni e enti locali sono entità sostanzialmente non comunicanti; che le regioni applicano una sorta di “federalismo contabile”, allocando in modo difforme le stesse poste, a partire dalle entrate; e che infine i bilanci di comuni e province sono largamente privi di significato, per l’ampia “esternalizzazione” di funzioni pubbliche fuori bilancio ad agenzie e società formalmente private ma sotto il controllo pubblico, in larga misura una conseguenza dei patti di stabilità interna. Un’operazione di pulizia e di consolidamento dei bilanci di regioni e altri enti locali è assolutamente necessaria se si vuole davvero riportare su basi più razionali la finanza locale.Né la situazione è migliore per quello che riguarda le informazioni relative all’allocazione di spese ed entrate nei vari territori da parte dei vari enti appartenenti al settore pubblico. Negli ultimi anni, non c’è ufficio studi o partito politico che non si sia dilettato nella predisposizione di stime relative alla distribuzione territoriale delle risorse e agli effetti che su questa avrebbe il federalismo fiscale.
FARE I CONTI CON I CPT È UN ERRORE
Abbondano in particolare le stime dei cosiddetti “residui fiscali”, la differenza tra ciò che i cittadini di una regione pagano sotto forma di imposte e contributi ai vari livelli di governo e ciò che da questi ricevono sotto forma di spesa pubblica. I grandi quotidiani nazionali hanno spesso dato risalto a questi “numeri”, senza entrare nel merito della metodologia di calcolo né dei problemi che questo comporta. La conseguenza è che ne è stato fatto un uso distorto e scorretto.Ad esempio, un elemento che accomuna la gran parte di questi calcoli recenti è l’utilizzo della stessa fonte statistica, ovvero i Cpt, conti pubblici territoriali, una banca dati predisposta dal dipartimento per le Politiche di sviluppo, con l’obiettivo di ricostruire i flussi finanziari all’interno dei diversi territori regionali, suddividendo la spesa per categorie economiche e funzionali e per i vari enti presenti sui singoli territori regionali (stato, amministrazioni regionali, amministrazione regionali). Operazione meritoria, ma ancora molto lontana dal fornire un adeguato punto di riferimento per valutazioni corrette sulla direzione e l’entità della redistribuzione territoriale, come esplicitamente riconosciuto dagli stessi estensori. Usare i Cpt, senza capirne i limiti, significa produrre risultati del tutto inappropriati. Solo qualche esempio per spiegare i problemi anche ai non addetti ai lavori.Primo, i Cpt eliminano alcune spese: ad esempio, gli interessi sul debito pubblico pagati ai non residenti o i flussi verso l’estero, perché non saprebbero dove allocarli sul territorio nazionale. E gonfiano alcune entrate: considerano le entrate tributarie al lordo e non al netto dei rimborsi d’imposta, non correggendo adeguatamente il dato sul lato della spesa, con il risultato che se si usassero i Cpt per calcolare il saldo netto per le amministrazioni pubbliche scopriremmo di aver già risolto tutti i problemi finanziari del paese, visto che saremmo già abbondantemente in attivo. Secondo, i Cpt forniscono solo dati di cassa, non di competenza. Il problema è che i dati di cassa variano enormemente da anno a anno sul lato delle entrate e che sono inaffidabili per i periodi brevi soprattutto per la spesa in conto capitale, perché questa ha un andamento fortemente ciclico.Terzo, le entrate tributarie regionali e locali non sono disaggregate, così che non è possibile capire chi paga a chi quali tributi in quale regione, e confrontare le stime nei Cpt con le informazioni disponibili da altre fonti. E si potrebbe continuare a lungo.La conclusione è che se si vuole davvero mettere su un binario corretto il dibattito sul federalismo fiscale è in primo luogo necessario predisporre un quadro di riferimento quantitativo condiviso dei dati disponibili. Ènecessario in altri termini che si avvii al più presto la costruzione, da parte di tecnici e accademici, di un sistema informativo appropriato sui dati territoriali, che consenta di raccordare le informazioni provenienti dalle diverse fonti, Istat, ministeri, Ragioneria, e così via, spesso tra di loro contraddittorie. Un’operazione di questo tipo farebbe fare più passi avanti al federalismo fiscale di una dozzina di leggi delega.

domenica

Il taglio degli alberi in via Camuzzoni, ennesimo atto contro il patrimonio verde di Verona

Ai Verdi sono arrivate parecchie segnalazioni. L’ultimo taglio di alberi in via Camuzzoni, che si sta svolgendo in questi giorni, ufficialmente per la sola “potatura”, ma in realtà una vera e propria eliminazione, ha sollevato molti malumori tra i cittadini veronese, coinvolgendo gli ambientalisti nell’ennesima richiesta di intervento per bloccare l’azione.
Chi vive nella zona afferma che nessuna pianta era malata, tanto che c’è la disponibilità a fornire le foto dell’estate scorsa, che metterebbero in luce la rigogliosità delle fronde.
Claudio Magagna, dei Verdi veronesi, è smarrito e contrariato per l’ennesimo accanimento contro gli spazi alberati. “Poche settimane fa piazza Pradaval, per la sua riqualificazione, ora i quaranta alberi di via Camuzzoni, quale sarà il prossimo intervento di abbattimento ? C’è un dato preciso dell’azione amministrativa della giunta Tosi – insiste l’ambientalista – ed è una fobia verso gli alberi: ad ogni cantiere che viene aperto, si approfitta per farne fuori una qualche decina. Di questo passo al termine dei cinque anni di mandato, Tosi avrà sottratto alla città centinaia, se non migliaia di essenze arboree”.
Magagna non ha dubbi, il prossimo azzeramento verrà fatto negli spazi delle ex cartiere, togliendo la vasta area boscata, per far posto ai due grattacieli.
I Verdi sono preoccupati per questa inclinazione dell’attuale Giunta comunale a togliere alberi alla città.
Si rivolgono perciò alle forze politiche in Consiglio comunale affinché prendano coscienza del valore della presenza dell’essenze arboree a Verona e predispongano atti consoni a far cessare questa vandalizzazione sulle piante.
Gli stessi cittadini sono invitati ad adoperarsi per segnalare qualsiasi iniziativa contro gli alberi, seppure modesta; “vogliamo che l’opinione pubblica abbia una chiara idea della bontà del patrimonio arboreo a Verona”.
“Per anni i Verdi si sono incatenati alle piante per difenderle, ma ora siamo nel 2009, – incalza Magagna – gli amministratori dovrebbero mettere in mostra maggiore sensibilità verso queste ricchezze naturali; escludendo anche il pretesto per queste forme di protesta”.
Precisano, i Verdi, che la piantumazione e le aree boscate sono salvaguardate da specifiche normative nazionali e regionali, sono parte essenziale del paesaggio, aiutano a ridurre l’inquinamento e in generale tutelano la salute, da sempre.
Ricordano anche che il progressivo accanimento contro gli alberi, molto spesso strumentalmente supportato da motivazioni legate al fatto che siano ammalati, fa reagire i cittadini e diventa controproducente in termini politici, fa perdere consensi.
A riguardo emerge anche un dubbio di strumentalizzazione: “Il caso dei giardini Lombroso, durante il mandato del sindaco Zanotto, aveva impegnato esponenti locali di rilievo di Alleanza Nazionale contro alcuni abbattimenti. Dove sono ora questi paladini, allora così determinati a sostegno del verde ?”.


Verona, 13/2/09 Claudio Magagna – federazione Verdi Verona

La democrazia e il pensiero dei Verdi veronesi

I Verdi veronesi, presenti domenica scorsa alla manifestazione di piazza Dante, con vari esponenti locali tra cui Claudio Magagna, Serena Betti, Giuseppe Campanari, l’ex assessore Luciano Guerrini e tanti altri semplici militanti, ritengono che l’attacco alla Costituzione portato da Berlusconi e lo scontro simultaneo con il Presidente della Repubblica sulla drammatica vicenda dell’Englaro, siano due cunei che il responsabile del Governo ha voluto lanciare per tentare di incrinare i presupposti della democrazia italiana.
Bene quindi anche l’iniziativa di domani martedì del partito Democratico, con la presenza dell’ex Presidente Giuseppe Scalfaro, che sarà un ulteriore contributo per tener vive le coscienze dei cittadini.
C’è infatti molta indignazione tra l’opinione pubblica; e queste posizioni e iniziative sostenute dal Cavaliere sono solo servite per tenere lontani i reali problemi quotidiani, provocati dalla crisi economica, che si sta ripercuotendo in modi diversi in tutti i settori sociali.

I Verdi sollecitano i veronesi a non abbassare la guardia, a tener viva la sensibilità verso la democrazia, a difesa della Costituzione.
E rilanciano, chiedendo un dialogo fra tutte le rappresentanze locali, politiche e sociali, sia di destra che di sinistra, per evitare contrapposizioni sterili e opportunismi di parte.
Va invece creato un clima che favorisca l’impegno di tutti nel risolvere i problemi della quotidianità.
Quindi nessuna strumentalizzazione, o posizioni non obiettive, che compromettono il dialogo.

Il sondaggio di sabato del Corriere della Sera, sul dramma della Englaro, registrava gli italiani nettamente divisi in due parti, a seconda della probabile appartenenza politica; mentre in contemporanea la Repubblica indicava in oltre il 60% di altri intervistati favorevoli a sostenere le posizioni del papà Beppino.
Ecco in Italia non stiamo giocando, con i tifosi che si schierano da una parte o dall’altra.
Stiamo vivendo ore molto oscure, quando invece la nostra coscienza dovrebbe restare libera e non essere trascinata da nessuno.


Verona, 9/2/09 Claudio Magagna – federazione Verdi Verona

Unità d’intenti e impegno di tutti per sconfiggere la violenza a Verona

I Verdi sono sulla stessa lunghezza d’onda e condividono le posizioni espresse anche da alcuni settori della destra sull’esigenza di neutralizzare e non accettare passivamente le continue violenze che soffocano la città di Verona e che in alcuni casi sfociano in aggressioni bestiali, se non in tragedia, come il caso Tommasoli, a proposito dell’ultima vicenda subita l’altra notte dal gruppo di estrema destra Casa Pound.
“Va tolta qualsiasi zona d’ombra” – dichiara Claudio Magagna della federazione dei Verdi veronesi – “è necessario che Verona non sia più indulgente e in alcuni casi anche giustificante verso tutte quelle azioni che minano la civile convivenza e brutalmente, senza motivi plausibili, contrappongono i giovani nella nostra città”.
“Finché Verona non avrà il coraggio di uscire da questa spirale omertosa e giustificazionista “ – continua Magagna – “sarà difficile trovare il bandolo della matassa ingarbugliata che avviluppa logiche di opposti estremismi, di apologia del fascismo, di violenza gratuita, del diverso che non può muoversi ed esistere”.
Gli ambientalisti propongono quindi un’unità d’intenti di tutte le istituzioni, affinché Verona possa uscire da questo tunnel e aprirsi come città della tolleranza e del vivere nel rispetto reciproco.
Secondo i Verdi un primo passo verso queste logiche lo deve avviare il sindaco Tosi, appropriandosi nel suo vocabolario di parole e di posizioni come rispetto verso tutti, confronto, dialogo; e impegnandosi verso il Consiglio comunale affinché svolga un ruolo di traino per uscire da questo clima violento e oscurantista che penalizza Verona.
Altri apporti devono essere dati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine con un serio lavoro di intelligence per avere il quadro preciso delle varie realtà o dei vari soggetti che potrebbero muoversi come attori o come vittime in queste torbide vicende. Definito questo quadro di potenziale illegalità, perseguire chi commette i reati e denunciare le eventuali coperture.
Lo stesso Prefetto deve svolgere un’azione straordinaria, di stimolo e di coordinamento, anche attraverso un maggior impulso dato dalle prerogative del Comitato per la Sicurezza.
“Se non vogliamo rimanere in questa palude di silenzio e magari di accondiscendenza – conclude Magagna – con il rischio di un avvelenamento e di un deterioramento dei rapporti sociali a Verona; condizione che non vuole la stragrande maggioranza della città; dobbiamo impegnarci tutti, dalla scuola alla politica, dalla famiglia al volontariato affinché vengano finalmente smascherati, condannati e emarginati tutti gli episodi, da qualsiasi parte vengano, che deteriorano la coesistenza pacifica e la crescita sociale della città di Verona”.


Verona, 21 gen. 09 per la Federazione dei Verdi - Claudio Magagna

Traforo, cavallo di troia per l’ennesima operazione immobiliare dei privati.


Si al referendum per riportare le ipotesi risolutive dei problemi alla realtà dell’interesse collettivo e non ai vantaggi particolari di parte

Siamo già al terzo grande intervento, voluto dal sindaco Tosi, che però favorisce gli interessi dei privati.
Prima è arrivato l’albergo Lux, con un aumento sproporzionato di volumetria non prevista dalla normativa, per risolvere presunti problemi di degrado. Poi per gli stessi motivi, è giunto il cantiere delle ex cartiere, dove l’impresa Mazzi usufruirà di una concessione edilizia con migliaia di metri quadrati aggiuntivi. Ora tocca alla super opera del traforo delle Torricelle, 330 milioni di euro, con l’ipotesi del consorzio Technital, che accorpa anche la ditta edilizia di Mazzi, che potrebbe realizzare 200 mila metri cubi di immobili, per poter recuperare un po’ di oneri spesi per la costruzione della galleria.
La Giunta Tosi va sempre più quindi verso un’amministrazione municipale, dove il tornaconto privato può aver la prevalenza sugli interessi della collettività.

Il traforo delle Torricelle rivela sempre più i suoi veri scopi: favorire i vantaggi trasportistici delle imprese del marmo a danno delle condizioni di vita e di salute dei veronesi; dare le opportunità alle imprese edili di mettere sul mercato altra offerta immobiliare aggiuntiva, fuori dalle prescrizioni del piano regolatore (PAT) e portare ancor più inquinamento nella parte nord della città con l’aumento del traffico del tunnel. E’ utile ricordare che in questi primi due mesi del 2009 Verona ha registrato il superamento delle PM 10 (inquinanti) di 30 giorni, il 50% del periodo considerato.

Per cui la maschera dell’assessore Corsi, leghista, è stata tolta: per lui, per Tosi e per la Lega il traforo va realizzato per favorire gli interessi singoli dei vari stake holders (grandi elettori) leghisti; usando il pretesto della soluzione al traffico, ma nel concreto aggravando l’inquinamento cittadino e penalizzando le condizioni della residenza e della salute dei veronesi.

L’unica soluzione per dare la risposta al traffico cittadino rimane il progetto dell’ingegnere Winckler del 1992, che ha previsto l’inutilità della chiusura del cosiddetto “anello” attorno alla città con la galleria, ma che invece prospetta interventi di fluidificazione del traffico, come rotonde e sensi unici, così come sono stati già adottati in tante città.
Va precisato che sotto il profilo viabilistico l’ “anello” attorno all’area urbana (vedi Bologna, con il progetto del giapponese Tange) degli anni ’50 è stato abbandonato dagli esperti; mentre gli amministratori di Verona vorrebbero ritornare indietro e riprenderlo con il tunnel delle Torricelle.

Per cui il referendum, avanzato dal Comitato contro l’ipotesi di traforo, è l’unica strada percorribile per raggiungere i veri traguardi viabilistici e di garanzia della salute nella città di Verona.

I Verdi sono a fianco del presidente Alberto Sperotto nel raccogliere le migliaia di firme necessarie per la consultazione popolare; convinti anche che i 330 milioni di euro risparmiati evitando la galleria delle Torricelle potrebbero essere importanti risorse per affrontare i tanti problemi della città, a cominciare proprio dal traffico. Ad esempio ritornando alla tranvia, contro il filobus di Corsi; ma anche indirizzando più soldi al piano della viabilità cittadino, che va rivisto, vista la sua inadeguatezza e che finora ha offerto solo espedienti contradditori, fautori solo di tante discussioni, ma non di reali soluzioni (vedi la proposta dell’Arsenale di questi giorni, o il park di piazza Corrubio con i reperti archeologici).

Inoltre l’istituto del referendum riporta la città di Verona a riscoprire il valore della democrazia partecipata, che con l’avvento del sindaco Tosi è andato scemando; visto che finora non vi è mai stata una consultazione sulle grandi scelte di rilievo né con le ex cartiere, ben che meno con il traforo.

Claudio Magagna - Federazione dei Verdi di Verona

Giornata di lancio della Facoltà dell’Acqua 2009

L’ONU ha indetto per domenica 22 marzo una Giornata mondiale dell’Acqua, sarà l’occasione per l’apertura degli incontri del quarto anno della Facoltà dell’Acqua (Università del Bene Comune), che ha sede a Sezano presso il Monastero del Bene Comune – Comunità degli Stimmatini.

La giornata affronterà il tema centrale dell’anno che è “La sfida dell’acqua”, partendo da una analisi approfondita dei risultati della conferenza internazionale “Fare pace con l’acqua” che si è tenuta a Bruxelles al Parlamento europeo nei giorni 12 e 13 febbraio 2009 a cui hanno partecipato i maggiori gruppi politici del Parlamento europeo oltre che gruppi e associazioni impegnati per il diritto all’acqua per tutti. I lavori sono stati incentrati in particolare sui contenuti della proposta di Protocollo Mondiale sull’Acqua, obiettivo pratico principale della conferenza di Bruxelles.

Nel discorso di apertura della conferenza Mikhail Gorbaciov, presidente del Forum politico mondiale, ha detto: ''Serve un nuovo modello di sviluppo, quello attuale e' entrato in crisi provocando emergenze come quella dell'acqua, un bene che scarseggia e mette in pericolo la sopravvivenza dell'uomo''. Il presidente ha continuato dicendo che serve uno sforzo congiunto: ''Mettere insieme scienziati, economisti e politici per risolvere la crisi mondiale e rilanciare lo sviluppo senza trascurare nessun aspetto, soprattutto quello dell'emergenza idrica''.

Domenica 22 marzo a partire dalle ore 15
interverranno sul tema “La sfida dell'acqua, una strategia di pace”:
Emmanuel Petrella - Istituto Europeo di Ricerca sulla Politiche dell’Acqua (IERPE) Bruxelles, Valentina Zuccher - Consigliere Comune di Povegliano (Vr)
Modera Luca Cecchi - Facoltà dell'Acqua.

Per l’occasione sarà presentata la mostra fotografica internazionale "Acqua fonte di vita".

Facoltà dell’Acqua, presso Monastero di Sezano – Comunità degli Stimmatini, via Mezzomonte, 28 Verona (loc. Sezano) tel. 045 550012
http://www.stimmatinisezano.blogspot.com/ e http://www.universitadelbenecomune.org/

Ambiente. Livello Mediterraneo potrebbe salire di mezzo metro

Il Mediterraneo potrebbe alzare il suo livello da 3 a 61 centimetri nel secolo in corso, secondo tre scenari differenti collegati al cambiamento climatico e all'aumento dei gas di effetto serra, simulati da una ricerca ispano-inglese pubblicata sul Journal Research-Oceans. Lo studio e' stato realizzato dagli esperti dell'Istituto Mediterraneo di studi avanzati (Imadea), un centro misto dell'Universita' delle isole Baleari e del Centro superiore di ricerche scientifiche (Csic), e dal Centro Nazionale di Oceanografia di Southampton. Lo scenario piu' positivo prevede che il Mediterraneo registri alla fine del secolo un aumento di almeno 1 grado di temperatura; mentre gli altri due contemplano un aumento dei gas ad effetto serra nelle prossime decadi che porterebbe a un incremento della temperatura fino a 2,5 gradi, che crescerebbe ulteriormente durante il XXI secolo. Nel primo caso, le concentrazioni di gas di effetto serra dovrebbero mantenersi costanti sui valori registrati nel 2000 e, anche cosi', continuerebbero a influire sul cambio climatico. Lo scenario piu' negativo si determinerebbe nel contesto di uno sviluppo economico eterogeneo in tutto il mondo, con un aumento continuo dei gas a effetto serra durante il XXI secolo. (Ansamed)Clima. In Italia emissioni giu' dell'1,7%Calano, per la prima volta, le emissioni di gas climalteranti dell'1,7%, per il casuale effetto della combinazione tra bassa crescita economica e alte temperature invernali che determinano minori consumi energetici per usi civili. Con 570 milioni di tonnellate di C02 equivalente, l'Italia e' comunque il terzo paese europeo per emissioni (era il quinto nel 1990) ed e' ancora del 17,5% sopra l'obiettivo che dovra' essere raggiunto al 2012. E' quanto evidenziato dal rapporto di Legambiente Ambiente Italia 2009 - rifiuti made in Italy', presentato a Roma. E' proseguita, riferisce il rapporto, anche 'la contrazione del gettito da tassazione ambientale' (in rapporto al Pil, l'Italia mostra la massima riduzione in tutta l'Unione Europea). Nel frattempo, l'Italia e' diventata leader europeo per numero di licenze di prodotti con marchio ecolabel, il 31% sul totale Europeo, con un grande successo dei sistemi di gestione ambientale (13.132 siti certificati Iso 14001 nel 2008). Cresce anche l'agricoltura biologica (1.150.253 ettari in conversione e convertiti nel 2007) e segna un forte sviluppo il settore degli allevamenti biologici. Registra buoni risultati la ricettivita' diffusa (al 23% nel 2007) dei bed & breakfast e degli agriturismi, legata alle risorse naturali e al recupero degli insediamenti esistenti. (Ansa)

Discarica di Chiaiano. Frassoni presenta interrogazione Commissioni su irregolarita’ discarica

Ieri, e’ stata presentata alla Commissione un'interrogazione in merito alle evidenti violazioni alla legislazione comunitaria in materia di localizzazione e pianificazione della discaricata di Chiaiano (Napoli) e concernente la carenza di accesso e partecipazione dei cittadini alle decisioni in materia. La Presidente dei Verdi/ALE Monica Frassoni ha commentato cosi’ il suo intervento: "Oggi ho presentato un'interrogazione, corredata da relazioni tecniche, alla Commissione sulla sempre piu’ incredibile vicenda della discarica di Chiaiano. Nel sopralluogo da me effettuato lo scorso 6 febbraio ho potuto constatare che permangono gravi carenze tecniche sia per quanto riguarda l'accumulo di acqua sul fondo della discarica, che viene pompata, senza averne controllato la pericolosita’, verso l'abitato di Marano, che sulla messa in sicurezza delle pareti della cava a forte pericolo di frana. Proprio l'inadeguatezza della localizzazione, in zona a rischio idrogeologico per allagamento e per frane mi ha gia’ portato a sollecitare assieme ad altri colleghi l'intervento del Commissario all'ambiente Dimas. In quell'occasione il Commissario con lettera del 13 febbraio 2009 ha dichiarato la non competenza della Commissione nella localizzazione delle discariche. L'interrogazione di oggi, a qualche giorno dall'apertura della discarica, torna a sollecitare la Commissione non riuscendo noi a capire l'atteggiamento prudente dell'esecutivo europeo in presenza di palesi violazione dei requisiti vincolanti in materie di discariche, ivi incluse la loro localizzazione, stabiliti dalla Direttiva 99/31. Altro punto da me sollevato" aggiunge l'eurodeputata verde "riguarda le difficolta’ di accesso alle informazioni sugli interventi svolti e pianificati nella discarica. Si tratta anche qui di far valere quanto previsto dalla Direttiva europea 2003/4 che recepisce la Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazione, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale. La situazione a Chiaiano desta, infatti, preoccupazione non solo per i rischi per la salute e l'ambiente connessi all'attivita’ della discarica ma rappresenta anche un inquietante esempio di come lo stato di emergenza, spesso artatamente prolungato, possa portare ad una militarizzazione del territorio e alla repressione di qualunque opposizione. In questo senso il provvedimento di divieto di dimora inflitto recentemente al Sindaco di Marano, Salvatore Perrotta, appare non tanto connesso alle indagini nei suoi confronti ma piuttosto a tenere a distanza uno dei fautori della mobilitazione contro la discarica di Chiaiano. Monica Frassoni conclude quindi Nell'attesa che la magistratura chiarisca la posizione del Sindaco di Marano, desidero esprimergli tutta la mia solidarieta’ avendo apprezzato la sua determinazione nel difendere i diritti dei suoi cittadini".