venerdì

LOTTA ALLO SMOG.

da L'Arena 24 ottobre 2008
LOTTA ALLO SMOG. Le ha elaborate il Dipartimento per migliorare la qualità dell'aria Dal parco alle bici, 8 proposte per una città più «pulita»Torna l'idea del polmone verde al posto dello scalo merci. Priorità a una vera rete di trasporti di massa

Per contrastare efficacemente l'inquinamento atmosferico, causa di numerose patologie, il Dipartimento di prevenzione dell'Ulss 20 ha elaborato otto proposte di miglioramento della qualità dell'aria a Verona. Si parte con il risparmio energetico che costituisce la possibilità più rilevante e particabile di ridurre il consumo di combustibili fossili in città e diminuire così l'inquinamento aereo e la spesa economica di gestione per il riscaldamento e il raffreddamento urbano, adottando nuovi standard edilizi.
La seconda proposta riguarda, a questo proposito, lo sfruttamento di fonti geotermiche mentre il terzo punto approfondisce il tema della metanizzazione degli automezzi.
In particolare si fa notare che a Bolzano è stata promossa la distribuzione di minicompressori per il rifornimento di metano per l'autotrazione privata, cosa ora impossibile in Veneto per un problema legislativo di accise. Ma perchè non cambiare la normativa come è stato fatto in Trentino Alto Adige?
La quarta proposta si riferisce ai grandi attrattori di traffico: scuole, nuovi insediamenti, uffici e centri commerciali vanno allontanati dal centro e collegati ad esso con uan rete efficiente di mezzi pubblici.
La quinta proposta riguarda la realizzazione di un grande parco urbano nel vasto parco merci ferroviario retrostante la stazione di Porta Nuova, con percorsi ciclabili e pedonali.
Il sesto punto propone la sperimentazione di un quartiere periferico da organizzare insieme alla popolazione interessata per rimodellarne la mobilità in modo da favorire l'individuazione di punti di aggregazione e di sviluppo di una mobilità alternativa ai mezzi privati.
Settima proposta: l'uso delle biciclette come mezzo di locomozione in città ma con la creazione di una rete organica di percorsi ciclabili dedicati che connetta tutto l'abitato. L'ottava proposta parla di un capace sistema di trasporto pubblico di massa che deve costituire lo scheletro portante attorno al quale sviluppare tutti i precedenti punti.
Verona, precisa il documento, «sconta un forte ritardo anche nei confronti di città limitrofe e anche di centri europei».
E.C.

giovedì

Datemi un secchio per vomitare....


Una buona notizia: a Modugno, vicino a Bari, è stato sequestrato

l'inceneritore della Marcegaglia anche grazie a un esposto dei ragazzi del Meetup Bari 2. E' una grande vittoria per la salute dei pugliesi. Una sconfitta per i politici e per i confindustriali assistiti dallo Stato.

In materia di ambiente ognuno ha i ministri che si merita, ma noi abbiamo esagerato. Due dichiarazioni da far gelare il sangue a Dracula:- Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente: "Stiamo andandomalissimo su Kyoto. Abbiamo un trend di crescita delle emissioni del 13% invece di una diminuzione del 6,5%. Ma anche qui... ha senso che ci si faccia carico noi dell'inquinamento del mondo quando a sfilarsi da Kyoto sono stati Paesi come gli Stati Uniti...?"- Renato Brunetta, ministro per la PA e l'Innovazione, sulla riduzione delle emissioni inquinanti: "L'Europa ha poco da bacchettare perché 20-20-20 (20% in più di efficienza energetica, 20% in meno di emissioni inquinanti e il 20% di energia tratta da fonti rinnovabili entro il 2020,ndr) è una follia. Per le imprese e per i Paesi... è una follia soprattutto per un Paese manifatturiero come l'Italia che ha un'intensità e una densità di imprese superiore alla media europea perché il nostro Paese trarrebbe svantaggi". Ma ha poi ha aggiunto, rassicurante: "Noi vogliamo un ambiente pulito. Vogliamo controlli di tipo ambientale che non uccidano le nostre imprese e le nostre famiglie".

Datemi un secchio per vomitare...

Beppe Grillo

Mariastella Gelmini vuole abrogare l'Università pubblica


Mariastella Gelmini vuole abrogare l'Università pubblica, il movimento può abrogare la Legge 133, raccogliamo nelle Università le firme per un referendum

Oggi il capo del governo, Silvio Berlusconi, in conferenza stampa con Mariastella Gelmini, ha dichiarato che manderà la polizia a sgomberare scuole e facoltà universitarie occupate.
Intanto nelle Università la protesta si rafforza, ma non emerge una strategia che dovrebbe puntare al cuore del problema: l'abrogazione della Legge 133.
di Gennaro Carotenuto
Anche se non fosse stato capo del governo, ma Ministro dell'Interno, Berlusconi non avrebbe comunque avuto facoltà di mandare la Polizia nelle Università e nelle scuole occupate. A chi spetta valutare se le occupazioni interrompono o meno pubblici servizi sono infatti i responsabili delle strutture, i presidi delle scuole e delle Facoltà, i Rettori, che sono le persone che hanno materialmente le chiavi.
Questi, caso per caso, a meno di non configurare un reato associativo tra un Liceo di Prato e una Facoltà di Torino o Messina, possono chiedere o meno (in genere dopo aver trattato, gli occupanti non sono marziani né militanti di Al Qaeda) l'intervento della forza pubblica. Berlusconi tutto questo non lo sa o finge di non saperlo. E se forzerà la mano, ordinando sgomberi, configurerà una rottura dello Stato di diritto pari o più grave di quella del G8 di Genova, della Diaz e di Bolzaneto.
E' difficile credere che Berlusconi, per piegare le università, stia pensando ad una "notte dei lunghi bastoni", come quella del dittatore argentino Juan Carlos Onganía, che il 29 luglio 1966 fece assaltare le Università dall'esercito per revocare l'autonomia delle stesse, chiudendole per un anno e costringendo centinaia tra i più prestigiosi docenti all'esilio. Ma è evidente che Berlusconi voglia alzare il livello dello scontro con il mondo accademico e scolastico.
Vuole mostrarsi forte e decisionista, non è disposto a trattare con nessuno su nulla e vuole uccidere sul nascere un movimento che può essere più di una febbriciattola che potrebbe mettere fine a questa ridicola luna di miele col paese. La campagna mediatica di demonizzazione del mondo della scuola e dell'università dura da mesi. Viene dipinto come un mondo di fannulloni, raccomandati, improduttivi, impreparati, strapagati. Non ci vuol nulla a criminalizzare il movimento degli studenti aggiungendo l'accusa di terrorismo.
Intanto il movimento contro l'affossamento dell'Università da parte del governo è oggettivamente un segnale di vita della società civile italiana. Siano benedette le manifestazioni, le occupazioni, le lezioni in piazza e la presa di coscienza che senza investire nell'Università pubblica non c'è mobilità sociale possibile in quello che è diventato uno dei paesi più diseguali al mondo. Per gli studenti di classe medio-bassa non c'è alcun futuro possibile senza un'Università pubblica, gratuita o facilmente accessibile e di buona qualità.
Tuttavia per il movimento nascente è necessario analizzare alcuni punti chiave e avere un obbiettivo chiaro. La 133 è Legge dello Stato e non è prevedibile un ammorbidimento della stessa come da molte parti si auspica. Soprattutto, da dentro l'accademia, sembra sussistere un partito della trattativa tendente a mitigare il blocco del turn-over, ovvero un palliativo tutto interno nell'attesa che la bufera passi. E' evidente però che:
1) il governo ha segnato un punto fondamentale con l'approvazione surrettizia ma pienamente legale del decreto il 25 giugno, convertito poi in legge il 6 agosto, nell'ignoranza della società civile e nell'ignavia del mondo politico e accademico evidentemente in vacanza. In queste condizioni il governo non ha motivo di trattare su nulla.
2) Scopo del governo e della Legge 133 non è in nessun punto riformare l'Università. La legge non riforma in nessun punto né i concorsi, né il reclutamento, né l'ordinamento didattico. In nessun punto si riducono i privilegi dei baroni né si moralizza il funzionamento degli atenei. Come per la chiusura delle SSIS si taglia per tagliare, senza alcun progetto alternativo e non vi è nulla che favorisca criteri meritocratici. Anzi! Nemmeno privatizza, già che la trasformazione in Fondazioni è una possibilità sufficientemente remota in questi tempi di penuria. L'unica cosa che vuol fare il governo con la Legge 133 è fare cassa.
3) Le conseguenze di questo fare cassa sono molteplici: lo sganciamento dell'Italia dal treno dei paesi più avanzati e la fine dell'Università pubblica come strumento di perequazione e mobilità sociale. Inoltre la riduzione all'inedia dell'Università pubblica (ci sarà una ragione perché in nessun altro paese al mondo si taglia) vede l'autonomia di questa abbattuta con un sostanziale commissariamento ministeriale dell'intero mondo dell'Università.
Pertanto, in queste condizioni, al movimento, alla CRUI, ai docenti, ai ricercatori, agli studenti, al personale tecnico-amministrativo non resta che lottare per l'abrogazione totale della Legge 133.
In questo paese vige ancora l'istituto del Referendum popolare abrogativo. Trasformiamo occupazioni, autogestioni, assemblee, lezioni in piazza nel momento della raccolta di firme per abrogare la Legge e per un grande dibattito nazionale sull'Università che vogliamo che non è né l'esistente né quella della Gelmini.
Solo le firme raccolte per il Referendum abrogativo dell'intera Legge 133 saranno il gol dell'1-1 segnato dalla società civile e obbligheranno il governo a trattare. Animo!
Giornalismo partecipativo

Il 25 tutti in piazza, anche per il clima

di Paolo Cento
L'intervento di Roberto della Seta sull'anima verde del Pd, pubblicato nei giorni scorsi dal vostro giornale, ci consente di fare alcune riflessioni e considerazioni. Non è utile, in questa fase continuare a rinfacciarsi colpe che, nella maggior parte dei casi siamo certi di non avere. Valga da esempio quanto è accaduto a Napoli qualche giorno fa, dove, a fronte delle tante accuse ai Verdi, l'inchiesta sui disordini per bloccare la discarica di Pianura ha portato all'arresto non di qualche estremista verde ma di un assessore del Partito Democratico e di un consigliere di Alleanza Nazionale. Più che guardare al passato, ci interessa ragionare sul come rilanciare la proposta degli ecologisti in Italia. Di sicuro l'ambiente non è tra le priorità di questo governo che sta cancellando vent'anni di battaglie e conquiste. La crisi finanziaria, che sta scuotendo il mondo intero, rischia di produrre un pesante allentamento dei vincoli ecologici, facendo arretrare, innanzitutto, la consapevolezza della necessità di un intervento sui cambiamenti climatici. Quello che sta accadendo in questi giorni a Bruxelles e la decisione di rinviare le conseguenze operative del pacchetto clima ed energia della Ue, proprio su richiesta del presidente Berlusconi, ci conferma quanto questo rischio sia attuale: in nome della crescita economica, come alternativa alla recessione, prevalgono, infatti, gli interessi della parte più retriva di Confindustria su quelli più generali della riduzione delle emissioni di gas serra. Proprio la crisi economia e finanziaria è invece un'occasione per ripensare il modello economico e la qualità dello sviluppo e della crescita che può, e deve, essere affrontata in chiave ecologica intervenendo sui consumi, sulle merci e sui servizi prodotti, sul sistema energetico e di conseguenza sulle modalità dei trasporti. D'altra parte nelle due finanziarie dell'ultimo governo di centrosinistra, grazie al ruolo dei Verdi in Parlamento, sono stati adottati provvedimenti strategici per oltre un miliardo di euro nel campo ambientale con positive conseguenze nel campo economico: investimenti nel settore delle rinnovabili, della mobilità sostenibile, della riforestazione, dell'efficienza e del risparmio energetico nel campo dell'edilizia. Grazie a questi interventi oggi il settore dell'industria solare sta recuperando un ritardo storico inaccettabile, favorendo un importante incremento dell'occupazione nelle nuove "professioni verdi". Per non parlare del grandissimo contributo che nello scorso biennio abbiamo assicurato allo sviluppo di un'agricoltura di qualità, determinando con i nostri emendamenti scelte assolutamente qualificanti per il nostro settore primario: dall'agricoltura biologica all'etichettatura passando per il piano irriguo nazionale e le agro-energie sostenibili. Altro che partito del no. La nostra sfida, rilanciata anche dal Congresso di luglio è quella di essere una forza politica della proposta, consapevole che la questione ecologica, proprio nel suo intreccio con l'economia, è talmente rilevante da non poter essere rinchiusa solo nel nostro ambito. Certo, la cultura tradizionale della sinistra da una parte e la stessa proposta programmatica del Pd ci continuano a far pensare che senza i Verdi le ragioni dell'ecologia sono più deboli, se non addirittura oscurate nel confronto politico: basta prendere come ultimo esempio quanto accaduto per l'Agenzia sul nucleare dove all'astensione, assolutamente non condivisibile del Partito Democratico, è corrisposta anche una totale sottovalutazione della volontà nuclearista del governo di centrodestra. È di questi contenuti che vogliamo discutere anche con il Partito Democratico, come abbiamo cominciato a fare anche nell'ultimo incontro con Walter Veltroni. La stessa nostra decisione di essere presenti alla manifestazione del 25 ottobre, forti dei contenuti e del successo della manifestazione dell'11, di cui insieme agli altre forze della sinistra siamo stati promotori, è coerente con questa volontà e necessità di confronto. D'altra parte proprio al nostro congresso abbiamo ragionato sulla necessità di realizzare rapidamente una grande assise di tutti gli ecologisti italiani, per rielaborare e rilanciare le ragioni dell'ecologismo che, partendo da quel "Patto per il clima" lanciato a Genova e sottoscritto da premi Nobel e diverse migliaia di cittadini, ci obbligano a parlare di economia sostenibile, futuro energetico, modello "altro" di sviluppo. Verdi

lunedì

Stasera allo show di Grillo c'è il comitato antitraforo.

I cittadini contrari all'opera consegneranno una lettera al comico genovese. L'anno scorso all'Arena il presidente Sperotto fu ospitato all'interno dello spettacolo Reset .
Quest'anno? ne vedremo delle belle!
uno striscione voluto da Beppe Grillo contro il traforo delle torricelle.

Marco Sedda
■ Stasera al palasport Beppe Grillo presenta lo show “Delirio”.
La notizia sarebbe da relegare nelle pagine degli spettacoli se non fosse che da tempo la politica, pur tra (amare) risate, è entrata nel repertorio del comico genovese. Prima che salga sul palco, il “Comitato di cittadini contro il collegamento autostradale delle Torricelle” consegnerà a Grillo una lettera. Il presidente del Comitato Alberto Sperotto ricorda che «nei suoi spettacoli non ha mai perso occasione di parlare del traforo in Arena ha detto chi semina parcheggi e trafori raccoglie solo code e traffico e al Palasport ha dato 5 minuti di spazio al comitato per il proprio Reset diffuso poi sul sito youtube». Dunque è possibile che anche questa volta Beppe Grillo faccia salire sul palco Sperotto per dargli microfono e visibilità. «Questa giunta è sempre più determinata a continuare con parcheggi e trafori - scrive Sperotto - e “non sarà un albero o un sasso” (parole di Tosi) a fermarli». Nella lettera ricorda che «da due settimane e finché non riceveremo risposta a una lettera inviata al sindaco saremo in piazza Bra imbavagliati ogni giovedì dalle 18 alle 19 perché chiediamo di essere inseriti nella commissione di valutazione delle proposte (la legge lo prevede) perché vogliamo dire la nostra». Sperotto riassume i contenuti della lettera inviata a Tosi «Chiediamo che i tre progetti (presentati da tre associazioni temporanee d'impresa che hanno inviato al Comune la loro proposta per realizzare e gestire la circonvallazione, ndr) siano valutati secondo questi criteri: sanitario (con esperti di patologie collegate alle polveri sottili nanopolveri), sociale (vogliamo esserci noi che ci occupiamo dell'argomento da anni), urbanistico, ambientale e tecnico». Sperotto chiede «che le cose vengano fatte rispettando soprattutto gli interessi dei cittadini e non... altri interessi che sono sempre più palesi». Il Comitato ricorda che rappresenta almeno 14 mila cittadini, quanti «hanno sottoscritto una petizione contro l'opera faraonica che l'ha definita il sindaco un'altra autostrada, sarebbe la terza per Verona, che passa a 2 chilometri dall'Arena, con 20 milioni di veicoli di cui di camion, attraversa 8 quartieri cittadini densamente popolati, con scuole, asili, centri sportivi e tanta gente, nella città più inquinata della Pianura padana che è tra le zone più inquinate del mondo». La lettera si conclude con uno slogan che è anche una richiesta d'aiuto «Dacci una mano che la fermiamo. Dillo tu, Beppe. Dà voce alla nostra voce». Stasera se ne sentiranno delle belle e all'assessore Corsi e al sindaco Tosi fischieranno le orecchie.

domenica

Questa volta il nemico è l’insegnante meridionale (e la scuola al Sud è un miracolo)

Forse non è il caso di scomodare Adolph Hitler ed il nazionalismo estremo del XX secolo che, nell’individuare in una minoranza interna (in quel caso con l’antisemitismo) il nemico, il problema della modernità, il piombo nelle ali di una società in crisi, giunse a teorizzare e realizzare il genocidio.
Forse non è il caso di rammentare il fascismo, come fa perfino Famiglia Cristiana, per commentare le uscite della carneade Mariastella Gelmini contro gli insegnanti meridionali che una volta di più nascondono quanto di grave si sta per abbattere sul paese, quel federalismo contro il quale è necessario opporsi.
Una volta di più, l’infantile idiosincrasia non solo italiana dell’individuare un diverso, inferiore, al quale dar la colpa di colpe proprie, emerge come l’essenza di quel concentrato di grettezza, opportunismo, luoghi comuni, egoismo, vigliaccheria, rapacità, arretratezza mascherata da modernità, che è alla base dell’ideologia che per comodità chiamiamo berlusconismo.
Berlusconismo che si conforma su due ali. Da una parte vi è quella leghista, che è la variante più gretta e recessiva, fatta di milioni di Mastro don Gesualdo padani, che temono di essere fregati più di quanto aspirino a fregare il prossimo. Dall’altra c’è quella italoforzuta che del leghismo è la variante ottimista, che le studia tutte per conquistare meschini vantaggi per sé e per i suoi, anche minimi, anche a costi umani altissimi, anche a costo della disgregazione del paese. Entrambe le ali hanno bisogno del nemico.
In principio i nemici furono i lavoratori meridionali, che puzzavano, perché costruivano col sudore del loro lavoro salariato a basso costo la ricchezza della nazione. Quindi fu Roma ladrona, che succhiava il sangue alla società padana perfetta, quella che risciacquava i panni nel dio Po e metteva le insegne delle strade in bergamasco come antidoto alla propria chiusura mentale. Poi furono gli immigrati extracomunitari, i negri. Quindi gli albanesi da incolpare dei più efferati delitti familiari. Ricordate Erica e Omar o Roberto Spaccino e tanti altri assassini che beneficiarono di fiaccolate col pilota automatico in loro difesa.
Quindi è stato il turno dei cinesi, quelli che violando i diritti dei lavoratori obbligavano controvoglia gli imprenditori padani (perfino gli assessori leghisti, come abbiamo appreso in questi giorni) a fare altrettanto e a modificare in peggio i rapporti di produzione a quegli stessi docili lavoratori che poi votano Lega. E se non ci credevano allora la colpa era dell’Europa, e dell’Euro di Prodi. Gestito da Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi l’Euro di Prodi divenne il più grande trasferimento di risorse della storia dai lavoratori salariati a quelli autonomi. Tra poco sarà il secondo più grande, superato dal federalismo fiscale. Basta dar la colpa ad altri e ripeterlo goebblesianamente all’infinito.
Quindi è toccato ai romeni, i nuovi meridionali, i nuovi negri, i nuovi albanesi, che hanno l’aggravante di confondersi con i rom, gli zingari, i rapitori di bambini che mai nella storia hanno rapito un solo bambino. E se ricordi che la responsabilità penale resta personale il leghista medio ti disprezza con un sorriso beota come fossi l’ultimo Azzeccagarbugli.
Al di sopra dei romeni ci sono solo loro: i più odiati, i musulmani, tutti terroristi, che non meritano nemmeno la costituzionale libertà di culto. Ma non importa chi è il nemico. Un nemico è necessario, un nemico serve sempre, come per George Bush. Un nemico qualsiasi, che fosse Saddam Hussein, Osama Bin Laden, Fidel Castro, Vladimir Putin o le patate fritte (alla francese, french fries, per gli statunitensi che le boicottavano). La logica è sempre quella, noi contro loro, mori e cristiani, noi i paesani di Pietro Maso siamo quelli sani, loro, i concittadini di Nicolae Mailat (l’assassino di Giovanna Reggiani), sono la malapianta da estirpare.
Noi contro loro perché è più facile da capire. Noi contro loro perché altrimenti non scatta la macchina del consenso. Noi contro loro perchè altrimenti i nodi del fallimento del neoliberismo verrebbero al pettine. Noi contro loro perché altrimenti dovremmo interrogarci sui limiti della nostra modernità, sulla perdita di valori, cultura, coscienza civile. Noi contro loro nell’illusione che il problema possa essere espulso e noi si possa riprendere la nostra età dell’oro bucolica interrotta dall’irruzione dello straniero.
Noi contro loro perfino quando la logica si ribalta, politica contro antipolitica e viceversa. Noi lavoratori autonomi che, come vuole Renato Brunetta, mandiamo avanti la baracca, contro loro, gli statali, i lavoratori dipendenti, i mangiapane a tradimento, i fannulloni da colpire, come se poi ci fossero famiglie dove entrambe le tipologie, autonomi e dipendenti, non convivano come convivevano serbi e croati prima di essere indotti a scannarsi tra loro.
Adesso, che l’obbiettivo è imporre il federalismo, si ritorna all’antico: tra tutti quanti, gira gira, è sempre il meridionale l’invasore più odiato, anche a costo di perdere qualche voto al Sud. Non sono i tagli del governo all’educazione a far diminuire la qualità della scuola -ha sostenuto Mariastella Gelmini- ma è la carta d’identità dei docenti la tara ereditaria, il cromosoma impazzito che segna il destino della scuola pubblica da smantellare.
Gli insegnanti meridionali sono cattivi, quelli settentrionali sono buoni, ne sono convinti in tutti i bar di Gallarate. Come per le medaglie olimpiche, che i meridionali alla fine hanno vinto in proporzioni simili ai settentrionali, nonostante abbiano meno piscine, meno palestre, meno stadi e meno opportunità, fa capolino la razza. La razza padana è più sana, più atletica, più lavoratrice, ed è circondata da popoli inferiori da schiavizzare nei capannoni, e da dominare, slavi, napoletani, africani, arabi. Mancano solo gli ebrei, ma per ora. Questo si chiama razzismo; smentite e fraintendimenti non contano.
E’ così idiota la pretesa della Ministra Mariastella Gelmini di classificare i docenti in base alla carta d’identità e non in base ai titoli e al lavoro, che non varrebbe neanche la pena di essere commentata, se non con una richiesta in aula di dimissioni immediate da parte dell’opposizione. Richiesta di dimissioni che non arriverà. E’ così idiota ma è l’ennesima cortina di fumo che abbiamo già segnalato, per nascondere i tagli e lo smantellamento della scuola pubblica. Chi scrive ha più volte denunciato come emergenza nazionale il fatto che un numero importante di insegnanti (meridionali e settentrionali) non meritino la cattedra, precaria o di ruolo, sulla quale siedono ed ha anche indicato un rimedio così drastico che nessun ministro metterà mai in pratica: giudicare ed espellere dalla scuola gli inefficienti. Ciò perché il paese forse si può permettere degli impiegati fannulloni, ma non può permettersi degli insegnanti seduti e senza stimoli.
Ammettiamo pure, ma non concediamo, che gli insegnanti meridionali delle scuole settentrionali siano migliori degli insegnanti meridionali delle scuole meridionali ma, proprio i dati OCSE-Pisa che cita il Ministro (disponibili a p. 2 del quotidiano la Repubblica) la smentiscono. Offro pochi numeri cercando di non complicare il ragionamento. Nello studio della matematica la media nazionale ha un coefficiente di 462 punti. La provincia di Bolzano è in testa con 513 punti e la Sicilia in coda con 423 punti. A guardar bene questi dati ciò vuol dire che la provincia di Bolzano, la migliore, ha una media di appena l’11% migliore di quella nazionale mentre quella peggiore, la Regione Sicilia è dell’8% inferiore alla media nazionale. Ovvero sono dati notevolmente coesi, molto più coesi della maggior parte dei dati che dividono Nord e Sud. Se parlassimo di reddito, per esempio, la questione meridionale in queste proporzioni sarebbe un ricordo o quasi.
Le conclusioni che se ne possono trarre sono varie, compresa quella che sono gli insegnanti meridionali a frenare le scuole settentrionali, ma emerge invece soprattutto il valore unificante che persiste nella scuola pubblica. Nonostante le differenze di reddito, di disponibilità di libri, di computer, di connessioni Internet, di occasioni di cultura, di strutture, laboratori, palestre siano tutte abissalmente a favore degli studenti del Nord, proprio la scuola meridionale, che fa le nozze con i fichi secchi, se non ancora con doppi turni e altre carenze croniche, tampona e rende minimo il ritardo, solo l’8% in meno nel caso peggiore (ma appena -4% la Lucania, -4.5% la Campania). Un vero miracolo questa scuola pubblica meridionale, che non abbassa la testa, sulla quale investire per ripartire e non tagliare, come invece vuol fare il governo coloniale padano installato a Roma con il beneplacito di quasi tutti gli italiani.
A parità di risorse e di contesto, la scuola meridionale è dunque paradossalmente più efficiente di quella settentrionale. Faceva notare il preside di un Liceo trentino che invitò un paio d’anni fa chi scrive per una conferenza, che la sua scuola aveva un bilancio triplo (1.5 milioni contro 0,5 milioni di Euro) rispetto a strutture equivalenti nel resto d’Italia. Se questo triplo di risorse si converte in appena un +11% allora è mal speso e chi invece fa nozze con i fichi secchi e riesce a restare indietro di appena una spanna, ha tutta la mia ammirazione.
La rozzezza della Gelmini serve una volta di più a nascondere il dramma: la scuola italiana va male perché ha sempre meno soldi, risorse, strutture, di quelle dei paesi dell’Europa Occidentale con i quali dovremmo competere, non perché gli insegnanti sono nati a Sud del Garigliano e del Tronto. Quella meridionale ha ancora meno soldi e viene tenuta in piedi da migliaia di eroici docenti (dai quali sottrarre una percentuale di sciagurati, che ci sono anche al Nord e verso i quali non si dovrebbero fare prigionieri). La scuola italiana e meridionale va male e andrà peggio perché la Ministra, che non conta nulla, è lì solo per coprire gli ulteriori tagli imposti all’educazione da chi veramente conta, Giulio Tremonti.
Questo deve disperatamente far cassa per quell’enorme piano Marshall in favore dei ricchi che sarà il federalismo fiscale con il quale Berlusconi pagherà la sua tangente a Umberto Bossi e al Nord contro il Centro e il Sud del paese. La cortina di fumo federalista è già pronta. Siamo tutti federalisti e sempre più spesso trovi conversi progressisti dialoganti sulla via di Garlasco: “sì, dateci solo la metà dei soldi, solo così impareremo a gestirli meglio”, come se davvero credessimo che i trasferimenti Stato-Regioni fossero una concessione del Nord al Sud, e come se facessimo finta di non capire che la conseguenza sarebbe in molte regioni la chiusura di scuole e ospedali e la scomparsa dello Stato dal territorio.
La Gelmini è costretta ad alzare un polverone alla settimana per far polemizzare sul nulla o quasi nulla destra e sinistra, come per il grembiule o il 7 (o 5) in condotta. E’ un gioco che abbiamo già scoperto. E invece bisognerebbe parlare di cose serie, per esempio di un partito unionista, apertamente antifederalista, che rivendichi le ragioni unitarie di un’Italia che dal federalismo ha solo da perdere. Siamo davvero così sicuri di essere tutti federalisti? Per contarci si potrebbe cominciare dal non dialogare con chi vuole distruggere la scuola pubblica, chiedendo le dimissioni della razzista Gelmini.
Giornalismo partecipato di Gennaro Carotenuto

Lettera di una studentessa

«Ecco come i tagli del governo condannano a morte l'Università»
«Penalizzati i giovani e le menti migliori, licenziati i precari. Si va verso una veloce privatizzazione»

Gentili giornalisti della redazione di corriere.it, sono una studentessa presso l'Università di Pisa, ho letto i vostri articoli sulle proteste studentesche e ci terrei a fare qualche precisazione in merito.Le nostre proteste non sono soltanto di solidarietà nei confronti del mondo della scuola contro il decreto Gelmini ma nascono come reazione alla nuova legge Finanziaria presentata dal ministro Tremonti, legge (già approvata nella Camera ma di prossima discussione in Senato) che sancisce una esplicita condanna a morte dell'Università pubblica. Mi spiego meglio.La legge 133/2008 (conversione del DL 112/2008, che si può leggere integralmente all''indirizzo http://www.camera.it/parlam/leggi/08133l.htm) prevede quanto segue:- una riduzione annuale fino al 2013 del Fondo di Finanziamento Ordinario di 467 milioni di euro (taglio del 6%);- un taglio del 46% sulle spese di funzionamento;- una riduzione del turn /over al 20% per l'Università (cioè: su 5 docenti che vanno in pensione al più 1 nuovo ricercatore potrà essere assunto) nel periodo 2009-2013 (in termini finanziari -64 milioni di euro nel 2009, -190 milioni di euro nel 2010, - 316 milioni di euro nel 2011, - 417 milioni di euro nel 2012, -455 milioni di euro nel 2013);- un taglio complessivo di quasi 4 miliardi di euro in 5 anni;- l'istituzione di un percorso burocratico che permetta la trasformazione delle Università pubbliche in Istituti privati.
Chi conosce il mondo dell'università sa che i tagli dei primi 4 punti sono tali da ridurre in ginocchio qualsiasi Università pubblica. Fra 2 anni (non dico 10 ma 2!!!) la mia Università non sarà più in grado di sostenersi economicamente: o vi sarà chiusura o privatizzazione.Cito dal documento ufficiale prodotto dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa (che potete leggerlo da voi sul sito del dipartimento di filosofia: http://www.fls.unipi.it/):«Gli effetti combinati dell'art.49 della Legge 133/2008 (divieto di ricorrere al medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'ultimo quinquennio), e del 37-bis inserito nel ddl 1441 in corso d'approvazione parlamentare, (cancellazione della procedura delle stabilizzazioni) produrranno il blocco delle forme contrattuali a tempo determinato in enti dove la frequenza di concorsi è scarsa e il licenziamento in tronco (dopo tre mesi dall'eventuale entrata in vigore del ddl 1441) di chi aveva già ricevuto garanzie dallo Stato di un percorso per andare a stabilizzare la propria attività professionale.
Le misure descritte mettono a rischio il normale esercizio della didattica e della ricerca nelle università e nei centri di ricerca, aggravano il problema del numero e della media anagrafica del personale, tradiscono gli accordi europei e il dettato costituzionale sulla necessità della natura pubblica dell'istruzione, compresa quella universitaria». Noi vogliamo che il diritto allo studio resti un diritto di tutti (e non solo dei cittadini più abbienti!). Non possiamo tollerare una legge che è dichiaratamente contro i giovani (al massimo 1 assunzione ogni 5 pensionamenti!), che di fatto è una condanna all'esilio all'estero per le nostre menti migliori e risolve il problema del precariato licenziando i precari. È per questo che gli studenti universitari di Pisa e del resto d'Italia stanno manifestando e protestando.
Non so se vi risultino chiare le conseguenze della combinazione legge Tremonti-decreto Gelmini, attingo alla mia vicenda personale per farvi un esempio:io ho 24 anni, a 19 anni ho vinto una borsa di studio per "giovani talenti" bandita dall'Istituto nazionale di Alta matematica di Roma, ho conseguito una laurea triennale in Matematica con il massimo dei voti, conseguirò quest'anno la Laurea Specialistica. Amo quello che studio e vorrei che il mio lavoro potesse risultare utile alla collettività. Ebbene, grazie al decreto Gelmini (chiusura delle SISS e blocco delle graduatorie scolastiche) non potrò trasmettere ai ragazzi le conoscenze che ho acquisito, grazie alla legge 133 (turn-over al 20%) mi è preclusa ogni possibilità di entrare nel mondo della ricerca in Italia. Che ne sarà di me? Se voglio rimanere a lavorare in Italia posso solo mettere la mia testa al servizio di qualche banca o di qualche produttore di software privati. Oppure alzo i tacchi e me ne vado.Non è solo la mia storia questa ma quella di tutti gli studenti (più di 200.000 fra le sole università di Pisa, Siena e Firenze) che in questi giorni sono in agitazione (agitazione che nel caso dell'università di Pisa dura da ben 2 settimane, come potrete notare guardando http://133.anche.no/foto/ e leggendo http://133.anche.no/ ).
Concludo questa mia lunghissima email chiedendovi di denunciare nel vostro giornale anche la nostra situazione che riteniamo pari alla vicenda della scuola quanto a gravità e ad interesse pubblico. Venite nelle università ad incontrarci!
Con fiducia,V. D.

I rifiuti sotto il tappeto

MARIO TOZZI da La Stampa
Finalmente è arrivata la soluzione agognata per risolvere l'emergenza rifiuti in Campania: dieci nuove discariche e qualche inceneritore con recupero energetico (il termine termovalorizzatore, si sa, non ha senso scientifico o tecnico, neanche nelle regolamentazioni comunitarie). Il problema è che questa nuova soluzione assomiglia parecchio alle vecchie: quando si è insediato il Commissario De Gennaro, cinque mesi fa, la questione era sgomberare le strade di Napoli, e per farlo si è cercato di aprire nuove e vecchie discariche (non riuscendovi sempre), di mettere in funzione nuovi inceneritori (non riuscendovi mai), di esportare i rifiuti in Paesi più civilizzati (riuscendovi quasi sempre), dove gli scarti sono considerati risorse. Il problema è che questa soluzione assomiglia molto a scopare la polvere sotto il tappeto per avere la casa pulita. In nessuna parte del mondo le discariche eliminano i rifiuti, anzi, li concentrano, con problemi ambientali che è ormai anche inutile approfondire: infiltrazioni nelle falde, percolati, liquami, per non parlare del maleodore. Senza contare che aprire nuove discariche sarebbe contro la legge nazionale e anche contro le normative comunitarie. E in nessuna parte del mondo bruciare rifiuti è un sistema per eliminarli, perché, come dovrebbe essere noto, in natura nulla si può distruggere e dunque le tonnellate di rifiuti si trasformeranno in ceneri (spesso velenose) e polveri (spesso tossiche). Certo, un inceneritore con recupero di energia e di calore non è un tabù contro cui combattere guerre di religione - ci sono problemi molto più devastanti, come il traffico cittadino -, ma è un controsenso energetico, perché per fabbricare oggetti e materiali si è impiegata molta più energia di quella che se ne ricava bruciandoli. E poi in Italia ci sono già abbastanza impianti: costruirne di nuovi può significare scoraggiare l'unica vera soluzione al problema dei rifiuti, la raccolta differenziata e il riciclaggio (un folle piano regionale siciliano prevede addirittura di bruciare il 65% dei rifiuti, come a dire condannare la raccolta differenziata a non superare mai il 35%, quando in tutta Europa si punta al 70-80% e a San Francisco si va verso l'opzione rifiuti-zero).Se si fosse cominciato - alla prima emergenza di 15 anni fa - con un piano integrato di raccolta differenziata dei rifiuti campani, non saremmo a questo punto. Se lo si fosse fatto cinque mesi fa, avremmo ora qualche prospettiva, ma continuare a pensare che la questione possa risolversi con discariche e inceneritori vuol dire non aver compreso che, così, i rifiuti si accumuleranno di nuovo, e saremo alle solite, solo avendo perso ancora del tempo. Come da gennaio a oggi. E come dimostra il fatto che aver sgomberato oltre 200.000 tonnellate di pattume non ha risolto un granché. Ma sono i numeri che parlano: a Torino - una grande città del Nord i cui cittadini non sono antropologicamente diversi dai napoletani - nel 2003 si raccoglieva in maniera differenziata solo il 20% dei rifiuti. In cinque anni si è passati a oltre il 40%, attraverso campagne di educazione ambientale fino nelle scuole promosse dall'amministrazione comunale e dalla municipalizzata. Pensiamo a Napoli: se si fosse recuperata almeno la frazione umida (residui di pasti, bucce) avremo avuto il 30% in meno di rifiuti, cioè 75.000 tonnellate di meno all'inizio dell'emergenza. Cioè più spazio nelle discariche (dunque meno discariche) e meno commercio di rifiuti, dunque più risorse da destinare al riciclaggio.Riciclare raddoppia la vita dei materiali, permette di spendere meno energia e, dunque, di inquinare di meno e fa in modo che si aprano meno miniere e cave. Se poi le ditte si impegnassero a ridurre definitivamente gli imballaggi, usando, per esempio i fogli di plastica termosaldati, che, una volta sgonfiati, si riducono a una pallina di qualche centimetro; se la distribuzione permettesse di acquistare i prodotti sfusi a peso e non a confezione; se le municipalizzate non si scomponessero in migliaia di subappalti incontrollabili, allora i nostri sforzi personali sarebbero premiati e non staremmo qui a temere di finire come a Manila, nella cui discarica vivono gli 80.000 abitanti di un posto chiamato Lupang Pangako (letteralmente «terra promessa»), fra commerci di ogni tipo, contrabbando e riciclaggio su commissione. Ma anche per questa volta non è aria.

sabato

CLIMA: ITALIA ALL'UE, SERVE CLAUSOLA DI REVISIONE COSTI


ANSA- BRUXELLES - Dopo il botta e risposta fra il commissario Ue all'Ambiente Stavros Dimas e il governo italiano sui costi dell'attuazione del piano Ue sul cambiamento climatico, la Commissione europea si è detta fiduciosa sulla possibilità di trovare un accordo costruttivo entro il 2008, così come indicato dai leader europei, nel summit di questa settimana. Ma l'Italia rilancia la richiesta di procedere ad una accurata valutazione del rapporto costi-benefici, con una proposta che metterà sul tavolo questo lunedì a Lussemburgo alla riunione dei ministri dell'Ambiente Ue, alla quale parteciperà Stefania Prestigiacomo. Sarà quella l'occasione, fanno sapere all'Esecutivo Ue, per un incontro fra il commissario all'ambiente Stavros Dimas e il ministro italiano, per fornire chiarimenti sul "potenziale impatto" del pacchetto. E questo anche alla luce della polemica che in Italia ha seguito le dichiarazioni del commissario Ue, che si era detto "allibito" per le obiezioni italiane e sulla quale è tornato oggi il ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta, che ha definito il piano Ue "una follia". L'Italia proporrà, nella riunione di Lussemburgo, una clausola di revisione al pacchetto 20-20-20 (20% riduzioni di Co2, 20% in più di energia rinnovabili e di efficienza energetica entro il 2020). L'ipotesi è di dare il via libera al pacchetto nel summit europeo di dicembre, ma con una clausola di revisione che permetta aggiustamenti, alla luce della valutazione dell'impatto del piano, da effettuare nel corso del 2009. Non si tratta, ha precisato il ministro dell'Ambiente, di una domanda di rinvio, ma della richiesta che "l'impatto dei costi-benefici venga esattamente valutato nel corso del 2009 e, sulla base di tale valutazione, vengano eventualmente riparametrati gli oneri previsti dal provvedimento". Nella riunione di lunedì e martedì il negoziato entrerà quindi nel vivo delle cifre e della strategia, nella consapevolezza, come ha indicato la stessa Commissione Ue, che sono vari i paesi che hanno preoccupazioni sul costo di attuazione del piano, soprattutto in un momento di recessione economica mondiale. Per questo è cruciale il ruolo che giocherà la presidenza di turno francese, che oggi ha ribadito "la sua determinazione a trovare una accordo entro il 2008". Per indirizzare il dibattito, il presidente di turno francese, il ministro dell'ambiente Jean-Louis Borloo, ha inviato un questionario ai 26 partner. Le problematiche sollevate vanno dalla individuazione dei settori confrontati al rischio di carbon leakage (cioé la delocalizzazione delle imprese a maggiore intensità energetica) all'assegnazione delle quote di Co2 tramite aste e alla destinazione delle relative risorse da parte degli stati membri; dai meccanismi di flessibilità sulla riduzione dello sforzo nei settori non industriali fino al finanziamento degli investimenti per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. L'Italia ha già fatto sapere che per i settori non industriali, come quelli agricolo, civile e dei trasporti gli obiettivi annuali dovranno essere sostituiti con un obiettivo intermedio, vincolante al 2017. Roma chiede anche un'estensione dell'analisi del rischio di delocalizzazione non solo per le imprese a maggiore intensità energetica, e ritiene anche necessario, in materia di flessibilità, elevare dal 3 al 10% la quota di utilizzo dei crediti di emissioni generati da progetti ambientali in paesi in via di sviluppo. L'Italia pone anche una 'riserva' nell'assegnazione delle quote al settore elettrico.

Signor Presidente,

In questi giorni sono moltissime le e-mail inviate al Presidente della Repubblica per chiedergli di non firmare la legge di conversione deldecreto Gelmini.
Ora il Presidente della Repubblica non può, per disposto costituzionale, rifiutarsi di firmare una legge approvata dal Parlamento. Egli, però, prima di firmarla, può inviare un messaggio motivato alle Camere con il quale chiede una nuova deliberazione.
Per chiedergli di seguire questa strada, costituzionalmente corretta, è stato predisposto il testo di una lettera che chi volesse può inviargli via e-mail.
Importanti sono due cose:
1. Che la richiesta sia fattibile (...e quella allegata lo è)
2. Che le richieste che gli pervengono siano tantissime.
Il meccanismo per scrivere al Presidente della Repubblica è semplicissimo:
Andare su Internet
Indirizzare a http://wpop4.libero.it/cgi-bin/vlink.cgi?Id=mHtKwNW/NbU2wfwRR672ojwKjFL5kFmBXGk1b1r9AsN6XEx2upHQbCNc0ah3iTwX&Link=https%3A//servizi.quirinale.it/webmail Cliccare su La Posta ed appare una finestra sulla quale vanno scritti i propri dati personali ed il testo della lettera (Lo spazio adisposizione contiene esattamente il testo allegato - che va scrittotutto di seguito senza andare a capo - e la firma di chi scrive: non di più)
L'invito a chi concorda è duplice:
1. inviare la lettera
2. trasmetterla a tutte le persone di cui si ha l'indirizzo invitandole a fare altrettanto.
L'unica possibilta per essere ascoltati è di essere tanti, tantissimi. Cordiali saluti a tutti
Giulio.

allegato:
Signor Presidente,
la Camera dei Deputati ha approvato la legge di conversione del decreto 137/08 con un voto di fiducia. E’ facilmente prevedibile che altrettanto avverrà al Senato.
Non Le chiedo di non firmare quella legge, ma di compiere un atto che la Carta Costituzionale Le consente.
Lei avrà trenta giorni di tempo, dopo il voto del Senato, per promulgarla (comma1, art. 73 della Costituzione).
Le chiedo di inviare al Parlamento, in quel lasso di tempo, un messaggio motivato (comma 1, art.74 della Costituzione) per chiedere una nuova deliberazione.
E quale più forte motivazione di quella di una legge di riforma della scuola approvata senza la necessaria discussione ed i doverosi confronti (!) con un voto di fiducia usato proprio per impedire discussione e confronti.
Confido in un Suo intervento.

Direttiva UE: da Europarlamentari italiani lettera aperta a Marcegaglia

Da Strasburgo all'Italia

Le bugie del governo

Secondo Frassoni, Musacchio, Guidoni e Sacconi la competitività italiana può essere difesa solo investendo risorse sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale


A poche ore dai risultati della votazione della Commissione Ambiente sulla proposta clima/energia dell’esecutivo europeo, gli europarlamentari Monica Frassoni (Verdi), Umberto Guidoni (Gue-Pdci), Roberto Musacchio (Gue-Prc) e Guido Sacconi (Pse) hanno di concerto inviato una lettera aperta al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Nella missiva vengono denunciate le posizioni degli industriali e del governo italiano contro il pacchetto UE, definendole "una strategia profondamente sbagliata" ed "un grosso rischio per la nostra industria e per l’Europa". La lettera aperta vuole essere una risposta a quanto affermato dalla stessa Marcegaglia assemblea dei giovani industriali a Capri, secondo cui l’Italia si sarebbe data obiettivi unilaterali irrealistici con costi altissimi, stimati in 20 miliardi di euro l’anno da qui al 2020. "I dati sui quali Lei si basa, come ha fatto non meno di 15 giorni fa il Ministro Ronchi, per definire i costi per l’industria italiana – osservano i quattro firmatari – non sono pubblici e quindi non possono essere discussi e confutati correttamente; si riferiscono allo studio solo preliminare dell’Istituto Rie di Bologna che però non è ancora stato reso pubblico: ciò nonostante il Ministero dell’Ambiente ne ha rielaborato alcune proiezioni basate su dati non attendibili e metodologicamente non corretti". Gli eurodeputati affermano invece che "l’unica valutazione di impatto riconosciuta esistente", quella della Commissione europea, parli piuttosto "di un costo, in investimenti e per tutta l’UE di 91 miliardi nel 2020 (che per l’Italia sarebbero dunque solo di 8) e di un risparmio di 50 miliardi in importazioni di idrocarburi e di 10 miliardi per minor inquinamento, portando il costo reale a 31 miliardi (di cui solo 2,7 per l’Italia)". Se si vuole davvero "difendere la competitività delle aziende italiane", continuano "non c‘è altra strada, nel breve e nel medio termine, se non quella di puntare a ciò che davvero abbatte i costi dell’approvvigionamento energetico, ossia il risparmio e l’efficienza energetici, e alle tecnologie per le fonti rinnovabili". E ricordano inoltre come la Commissione UE abbia sottolineato "il grande potenziale del pacchetto energia rispetto alla creazione di migliaia di nuove imprese (a partire dalle Esco, le imprese che aiuteranno le aziende nell’aumento dell’efficienza energetica dei propri consumi) e di milioni di nuovi posti di lavoro. Già oggi solo in Germania il settore delle rinnovabili genera 240 miliardi di dollari di fatturato e dà lavoro a 250.000 persone (solo nell’eolico si sono visti aumentare i posti di lavoro di 8.000 unità nel 2007)".

venerdì

CLIMA CLINI: MUTAMENTO SIA TRA TEMI CONFERENZA AMBIENTE E SALUTE

(DIRE) Il ministero dell'Ambiente "ha proposto il cambiamento climatico quale uno dei temi principali in agenda nella prossima conferenza ministeriale Ambiente e Salute in Italia nel 2009". Lo dice Corrado Clini, direttore del dipartimento per la Ricerca ambientale e lo sviluppo del ministero dell'Ambiente, in occasione del seminario pubblico (domani 14 ottobre a Roma) organizzato da Organizzazione mondiale della sanita'- Ufficio Europeo (Oms Europa), dall'Autorita' europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per gli Alimenti e l'Agricoltura (Fao), in collaborazione con il ministero del Lavoro, Salute e Affari Sociali."Gli effetti del cambiamento climatico sull'ambiente comportano dei rischi emergenti per la salute umana- ricorda Clini- il ministero dell'Ambiente italiano gioca un ruolo importante nella riduzione di questi effetti attraverso politiche di mitigazione e adattamento che richiedono approcci ed interventi globali".
Allo scopo di ridurre gli impatti ambientali, sociali e sanitari del cambiamento climatico, "il ministero dell'Ambiente continuera' a lavorare insieme al ministero della Salute- conclude Clini- non solo su nuove azioni preventive ma anche sulle politiche di altri settori rilevanti (energia, trasporto, sviluppo tecnologico, agricoltura)".


Ambiente snobbato dalla politica. Disertata la conferenza di servizio organizzata dalla Federparchi regionale.

Nessun politico del Metapontmo, tranne il sindaco del comune ospitante, Leonardo Giordano - intervenuto alla conferenza organizzata della Federparchi regionale. L'incontro territoriale riguardava tutto il Metapontino ed era preparatorio alla prima conferenza regionale per le aree protette, in programma per la primavera del 2009. Conferenza che disegnerà i parametri della protezione ambientale della Basilicata del prossimo e imminente futuro. Una riunione strategicamente importante, un'occasione ottima per fare il punto sulle non semplici problematiche locali, visto che tra le foci del Sinni e del Basento si va dai guasti di un disboscamento forsennato e dalle condizioni di abbandono di molti ecosistemi locali, fino alle denunce di inquinamento da esacloruro di sodio (foce del Sinni) o da idrogeno solforato (nei pressi dei pozzi di gas), alle costanti minacce di realizzazione di un deposito di scorie radioattive (nei calanchi argillosi) e di una centrale nucleare (nei pressi dell'Enea in Trisaia). Una riunione snobbata dalla politica, ma ben considerata dalle associazioni di tutela dell'ambiente, quasi tutte presenti all'appello: Parco Murgia Materana, rappresentata da Roberto Cifarelli, Legambiente regionale, con Marco De Biasi, e locale, con Arturo Caponero, Movimento Azzurro, con Carmine Cocca, e l'associazione locale Terra dei Calanchi, rappresentata dal presidente Luciano Miraglia .«Occasione ghiotta», come l'ha definita Rocco Rivelll, il presidente regionale di Federparchi, che ha coordinato l'incontro, per fare il punto della situazione nel Metapontino e trovare un accordo sulle proposte di territorio da portare alla conferenza regionale sull'aree protette. Al centro del dibattito, due problematiche su tutte. La prima, la necessità di una politica regionale di valorizzazione e di messa a sistema delle numerose aree protette lucane (problema sollevato da Cifarelli); la seconda, la recente notizia di un possibile iter regionale per la realizzazione di una Riserva speciale nei circa 10 kmq quadrati di calanchi argillosi di Montalbano. Un riconoscimento all'unicità di un'area che tra le sue balze e le sue biancane, ha scoperto di avere un perfetto strato di Pleistocene medio, di una tale purezza da essere studiato dalle università di mezzo mondo. «La Riserva speciale è un importante risultato raggiunto e anche perché dovrà essere - hanno affermato sia Caponero che De Biasi - il punto di partenza per ridisegnare e rìdefìnire finalmente il futuro parco degli ulivi e dei calanchi, partendo da questo riconoscimento dell'area di Montaìbano e passando dalla costituzione di una rete di servizi e di esigenze per coinvolgere più attori e rassicurare più categorie sociali possibili sulle ricchezze, e non sulle privazioni, che un parco porta con sé». Un parco che dovrebbe rigirarsi attorno alla valle del Cavone-Salandrella, il cuore dell'area argillosa lucana che ha Craco al suo centro e Stigliano, Montalbano, Aliano, Pisticci e Ferrandina-Uggiano ai suoi estremi. E che si spera sia anche il cuore delle tematiche nella "Prima conferenza sulle aree protette" della prossima primavera. (La Gazzetta del Mezzogiorno)


Alessandrino Vercellese
L'Ente-Parco Fluviale del Po ha aderito al Bando "Fonti Rinnovabili"

L'Ente-Parco Fluviale del Po ha aderito al Bando "Fonti Rinnovabili, Risparmio Energetico e Mobilità Sostenibile nelle Aree naturali Protette". L'iniziativa del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rivolta agli Enti gestori dei Parchi nazionali, dei Parchi regionali e delle aree marine protette, finanzia interventi relativi alla diffusione di tecnologie da fonte energetica rinnovabile e di efficienza energetica, fino al 50% del costo di investimento ammissibile. L'Ente-Parco, conformemente alla propria Politica Ambientale, ha ritenuto opportuno estendere l'installazione di pannelli solari anche presso la Sede operativa e Centro visite "Cascina Belvedere" e il Centro di Educazione Ambientale "Cascina Ressia", escluse nell'edizione del 2005 dai contributi regionali per la realizzazione di interventi strategici in materia energetico-ambientale (L.R. n. 23/2002). Nel primo caso perché, pur essendo l'edificio di proprietà della Regione Piemonte è ubicato in Lombardia, nel secondo caso perché l'edificio è stato dato in uso all'Ente-Parco solo in una data successiva alla scadenza dei termini per la presentazione della candidatura.La domanda presentata comprende, inoltre, l'ampliamento dell'impianto fotovoltaico in funzione presso la Sede operativa di Casale Monferrato, al fine di poter garantire la copertura totale del fabbisogno energetico degli uffici.La realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica da energia solare si inserisce nel contesto di una politica di sviluppo sostenibile, apportando benefici dal punto di vista ambientale, poiché si evita l'immissione in atmosfera di gas che influenzano le alterazioni climatiche (come la CO2). Ogni chilowattora elettrico prodotto dal sistema fotovoltaico evita l'emissione di 0,496 kg di anidride carbonica (fattore di emissione specifica in atmosfera netta relativa alla produzione ENEL). Gli interventi oggetto del bando, nel tempo di vita dell'impianto (stimato in 30 anni), eviteranno l'emissione di oltre 40 tonnellate di CO2.Inoltre, l'Ente-Parco vuole aumentare la consapevolezza del pubblico verso l'importanza dell'uso di fonti energetiche rinnovabili: gli interventi hanno un rilevante valore simbolico e didattico in quanto sono localizzati in tre Sedi dell'Ente-Parco frequentate regolarmente. AUMENTANO GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI NELL'AREA TURISTICA DEL PARCO FLUVIALE DEL PO20 impianti fotovoltaici in più nell'Area Turistica del Parco Fluviale del Po (riferita al solo tratto vercellese e alessandrino) negli ultimi dieci mesi, grazie agli incentivi del "conto energia" (D.M. 19/02/2007). È quanto emerge dalla pubblicazione del nuovo elenco degli impianti in esercizio, messa a disposizione dal Gestore dei Servizi Elettrici il 1° agosto scorso. La potenza complessiva installata nei 51 comuni interessati dall'Area Turistica è più che raddoppiata, passando da 71 kW di picco a 154 kW. Il Comune più "solare" diventa Pontestura, con 6 impianti installati, pari a circa 4 impianti ogni 1.000 abitanti. (Sesto Potere)


MONTEVERDE . "Verso il parco interregionale dell'Ofanto"

Il Comune di Monteverde insieme al Coordinamento Nazionale Piccoli Comuni italiani hanno il piacere di invitarti al Convegno sul tema: "Verso il Parco interregionale dell'Ofanto" che si terrà sabato 18 ottobre 2008 alle ore 17.00 nella Sala Convegni del suggestivo Castello Baronale di Monteverde (AV).
All'iniziativa dopo il saluti del Sindaco di Monteverde, Franco Ricciardi e di Giuseppe Di Milia (Presidente Comunità Montana "Alta Irpinia", offriranno il proprio contributo l'Assessore Regionale pugliese all'Ecologia, Michele Losappio; il Presidente del Consiglio Regionale Campano, Sandra Lonardo e il Portavoce di Piccoli Comuni, Virgilio Caivano. Al dibattito è previsto l'intervento dei Sindaci e del mondo ambientalista, culturale e sociale della Valle dell'Ofanto. "La nostra iniziativa - dichiara il Sindaco di Monteverde, Franco Ricciardi - vuole essere l'occasione di confronto interregionale, Puglia, Campania e Basilicata sulla possibilità di costruire un grande progetto di sviluppo ecocompatibile a favore delle piccole comunità della Valle dell'Ofanto". "Alla scelta ingiusta e sbagliata di realizzare la più grande discarica d'Europa in Irpinia a qualche passo dal fiume Ofanto noi rispondiamo con una iniziativa prestigiosa, tesa a valorizzare la più grande area verde del Sud, il vero cuore verde del Mezzogiorno d'Italia - dichiara il Portavoce di Piccoli Comuni - la presenza dell'Assessore Regionale pugliese, Michele Losappio,che ha già realizzato il Parco dell'Ofanto nel tratto pugliese vuole essere esempio e stimolo per la altre realtà regionali al fine di realizzare un progetto davvero utili alle piccole realtà locali del Sud. Al Presidente del Consiglio Regionale campano, Sandra Lonardo, il compito di avviare anche nelle sedi istituzionali campane una riflessione utile a dare un quadro diverso e positivo della Campania". (Il Corriere del Sud)


Delta del Po
La promozione del Parco a tavola


Un'ambientazione insolita e suggestiva, una cena tutta a base di prodotti del territorio per una serata che ha saputo coniugare il fascino del teatro alla buona tavola e alla promozione del Parco del Delta del Po.
Si può dire pienamente riuscita, quindi, la seconda edizione della cena d'autore, che quest'anno ha aperto la rassegna Adria, palcoscenico di emozioni che vedrà rappresentati al Comunale, dal 25 ottobre a fine marzo, opere, operette, concerti, balletti e spettacoli di prosa.Sul palcoscenico, sabato sera, però, in una sorta di rituale teatrale al contrario, c'erano gli organizzatori, gli autori e, soprattutto, il pubblico. Ed è in questa intuizione, quella di mettere per una volta gli spettatori al centro della scena, che risiede la fortuna dell'iniziativa cui ha partecipato una sessantina di commensali-attori.
Dopo una prima fase di acclimatamento nel foyer, i partecipanti sono entrati in teatro passando tra i due blocchi della platea, mentre la voce di Monica Stefani illustrava la storia dell'edificio. Sul palco li hanno accolti nove tavoli elegantemente apparecchiati, tra luci soffuse. Attenta anche ai dettagli la regia dell'InPiùGroup che ha curato l'organizzazione.
Il sindaco, Antonio Lodo, ha spiegato il programma della serata, arricchita da intermezzi, emozioni musicali e emozioni video, con la proiezione di un filmato del parco del Delta. Presenti, tra gli altri, il presidente di Provincia e Ente Parco Federico Saccardin, accompagnato dal direttore Emanuela Finesso, il presidente del consiglio provinciale Fiorella Cappato, e il questore Amalia Di Rocco.
Ma c'era anche il mondo artistico con il direttore del Conservatorio Buzzolla, Marco Nicolè, e i rappresentanti della Fondazione Arena, con cui il comune di Adria ha una partnership per la produzione di spettacoli di qualità.
La cena, a base di pesce e di ortaggi, curata dalla Dolcetto Group, ha fatto da filo conduttore alla serata, anche se, a tratti, a prevalere sono stati i momenti scenici, con i docenti e gli allievi del Conservatorio (Marco Putinato, sax tenore, Giorgio Panagin, contrabbasso, Luigi Grani chitarra) o il Gruppo Insirada dell'Akcademia che si esibivano dalla platea o dalla prima galleria.Sul tema del rapporto tra Adria e il Parco del Delta è intervenuto Saccardin che ha annunciato per la fine dell'anno una proposta di Piano del Parco. Predisposizione di non poca difficoltà, ha affermato, tra l'altro, anche a causa di conflitti e interessi diversi che andranno composti.
Il momento clou della serata è stato, comunque, quello della presentazione dell'opera contemporanea Il maestro di Go che aprirà la stagione il 25 ottobre. A raccontare la preparazione di questa prima mondiale che si terrà proprio al Comunale, il direttore della pianificazione della Fondazione Arena, Fausto Luppi, il musicista Alessandro Melchiorre e la regista Elisabetta Brusa. La compagnia scaligera sarà ad Adria già nei prossimi giorni per cominciare l'allestimento che si preannuncia singolare e innovativo. Al termine il brindisi di rito, mentre il sipario si è aperto e un lungo applauso ha riempito il teatro. In platea, per una volta, erano seduti i musicisti che si erano esibiti poco prima. (Il Gazzettino)


LA MONTAGNA CANCELLATA. Torna oggi in Consiglio a Venezia la mancata adozione della legge sul riordino degli enti Marcolini (Lessinia) scrive al presidente Galan: «Così è una sconfitta, il Parco che futuro potrà avere?»

Si corre contro il tempo per rimettere in piedi le comunità montane cancellate dalla mancata adozione di una legge di riordino. È convocato oggi alle 10.45 a Venezia, Palazzo Ferro-Fini, il Consiglio regionale con all'ordine del giorno anche questo argomento. Ma da indiscrezioni raccolte fra entrambi gli schieramenti è quasi certo che non si arriverà a una conclusione, perché il tema è al settimo punto dell'ordine del giorno, preceduto da 14 interrogazioni con relative risposte degli assessori competenti. C'è poi da superare lo scoglio della proposta di legge sulle norme per la riorganizzazione del servizio ispettivo e di vigilanza per il sistema sociosanitario veneto, di cui è primo firmatario Raffaele Zanon (Alleanza nazionale) e che nella seduta del 30 settembre scorso aveva causato l'abbandono dell'aula da parte dei consiglieri di Forza Italia, vanificando di fatto la possibilità di discutere in tempo utile la legge di riordino della comunità montane. Pare che la maggioranza stia trovando un compromesso sul tema del servizio ispettivo nelle Ulss, finora affidato alla Giunta ma che il Consiglio regionale chiede di avere fra le proprie prerogative. Passato questo argomento ci sarà quindi da affrontare il tema: «Sanità veneta senza governo, tra tagli alla spesa e premi alle inefficienze e agli sprechi» per il quale il Partito democratico aveva da tempo chiesto la convocazione urgente del Consiglio. Poi toccherebbe l'argomento delle comunità montane, ma difficilmente si arriverà a parlarne già oggi. Tuttavia il presidente della Comunità montana della Lessinia, Stefano Marcolini, si è fatto promotore di un'iniziativa legata a una lettera spedita a tutti i 18 sindaci dell'ente, oltre ai tre che ne sono coinvolti come Parco, quelli dei Comuni di Roncà, Altissimo e Crespadoro. Via fax è attesa la sottoscrizione firmata del contenuto, da spedire oggi al presidente Giancarlo Galan, agli assessori competenti, ai capigruppo consiliari e agli assessori e consiglieri veronesi, in tempo per l'avvio dei lavori. Un'iniziativa analoga partirà anche dalla sponda del Baldo, su proposta del presidente della comunità Cipriano Castellani. Nella lettera Marcolini sottopone al mondo politico alcune osservazioni, rilevando che una parte del Consiglio «ha dimostrato assoluto disinteresse per i valori della montagna, dimenticando l'importante funzione svolta in 30 anni e perdendo una grande occasione di riflessione». Per il presidente della Lessinia la mancata legge di riordino «è una sconfitta per la gente di montagna che non riceve la considerazione che merita e un'umiliazione per gli amministratori che vedono delegittimate le loro azioni per l'acquisizione di risorse e il potenziamento dei servizi». Parla anche di «sfascio della montagna», determinato dal mancato esercizio di una competenza che lo Stato aveva assegnato alla Regione e che, per ironia della sorte, la stessa Regione rivendica con un ricorso alla Corte costituzionale, lamentando il diritto di fare quello che in nove mesi non ha trovato il tempo e l'accordo per fare. «Il Parco della Lessinia, affidato in gestione alla Comunità montana, che futuro potrà avere?», si chiede Marcolini citando il sistema museale, gli immobili di cui l'ente è proprietario, nonché le collezioni scientifiche studiate e apprezzate in tutto il mondo e che rischiano di restare senza tutela. Infine una richiesta: «che il Consiglio regionale prenda coscienza della montagna veneta e veronese in particolare, nonché del ruolo che le comunità montane hanno e possono avere nello sviluppo socio-economico del territorio nell'ambito di una programmazione regionale per la montagna, assumendo idonei provvedimenti che permettano di evitare la scomparsa del riconoscimento del territorio montano veronese e il dissesto istituzionale a cui le comunità montane sono ormai vicine e del quale nemmeno il ministero competente è pienamente cosciente della portata e dei suoi effetti». (L'Arena)


Parco delle Foreste Casentinesi
Tre giorni per attraversare le foreste sacre

"Io vidi dalle solitudini mistiche staccarsi una tortora e volare verso le valli immensamente aperte. Il paesaggio cristiano segnato da croci inclinate dal vento ne fu vivificato misteriosamente. Volava senza fine sulle ali distese leggera come una barca sul mare. Addio colomba, addio, le altissime colonne di rocce della Verna si levavano a picco tutt'intorno rinchiuse da una foresta cupa..." Il 21 settembre 1910 il poeta Dino Campana, precursore di questa traversata a piedi (arrivò da Marradi) descriveva la francescana La Verna. "I boschi furono i primi templi dell'umanità. Nell'ombra claustrale delle foreste gli uomini antichi veneravano il mistero della vita e della morte nell'allegoria della rinascita vegetativa molto prima che le religioni monoteiste trovassero nel deserto il luogo privilegiato della rivelazione divina. In ambito cristiano, l'eterno legame fra ricerca spirituale e foreste trova nelle montagne dell'Appennino tosco-romagnolo una delle sue espressioni più alte e compiute. Il folto di questi boschi che per vastità e bellezza non hanno eguali in Italia ha infatti accolto da più di mille anni comunità di monaci vissute in strettissimo rapporto con l'ambiente circostante, da cui ricavavano prezioso legname ma dove trovavano anche le condizioni necessarie alla contemplazione, al raccoglimento interiore e alla preghiera." Con queste parole Mario Vianelli apre il libro che insieme a Sandro Bassi (che sarà in distribuzione entro il mese di ottobre) ha dedicato alle foreste sacre del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna.I paesaggi, le emozioni, le informazioni del percorso saranno racchiuse in un DVD interattivo che consentirà la semplice visione come un normale video o l'utilizzo - tramite pc - di molte pagine informative, immagini, schede e illustrazioni, gestitite con dei pratici link, relativi all'ospitalità, ai punti di interesse o a tracciati alternativi.Il percorso si snoda tra il manto verde delle Foreste Casentinesi e i prati del crinale e permette di visitarne i luoghi più suggestivi. Si toccheranno infatti alcuni fra i luoghi più significativi del rapporto tra natura e spiritualità del territorio dell'area protetta: dal Lago degli idoli all'abbazia di San Benedetto, dai Romiti dell'Acquacheta a La Verna, dall'abbazia di Badia Prataglia a Camaldoli.La partenza è prevista per venerdi mattina da Castagno d'Andrea. Si superano Monte Falterona (mt. 1654 s.l.m.) e Monte Falco (mt. 1657 s.l.m.), per attraversare il passo della Calla. Per la notte è prevista la sistemazione in una struttura presso Campigna. Sabato mattina dopo la prima colazione si raggiunge Poggio Scali ( mt. 1.520 s.l.m.). Nel corso della giornata si tocca Camaldoli per fermarsi a Badia Prataglia, dove si pernotta.La mattina, dopo la colazione, ci sarà un incontro presso il centro visita di Badia Prataglia con il personale del Servizio promozione, conservazione, ricerca e divulgazione della natura del Parco Nazionale. Si riparte poi verso Rimbocchi e Casalino. Arrivati a La Verna si visita il Santuario.Per il rientro è previsto il trasferimento con bus navetta a Castagno d'Andrea. Ci sarà una guida che accompagnerà la comitiva per i tre giorni e ci sarà un servizio di trasporto bagagli durante il percorso. Verrà attivata anche una assicurazione personale per tutti i partecipanti. (Nove da Firenze)

Stefania atomica

La scelta del nucleare. Lo stop su Kyoto. Le concessioni ai cacciatori. Le mire sui Parchi. Sotto accusa la politica del ministro Prestigiacomo

Stefania, dì qualcosa di ambientalista... La battuta rivisitata di Nanni Moretti circola fra parlamentari dell'opposizione e Verdi rimasti senza poltrona. E sia pure con una certa prudenza è sussurrata nei corridoi di un ministero che sembra aver smarrito la sua ragione sociale da quando ne ha preso la guida Stefania Prestigiacomo. E non possono neanche essere attribuite all'inesperienza le dichiarazioni e le iniziative contro quasi tutto quel che costituisce la cultura e la pratica ambientale. Anche se Berlusconi si ostina a chiamarla "la bambina", Prestigiacomo, 41 anni, ha una storia politica da decana della casta del centrodestra, cinque volte deputata e due ministra, un posto di riguardo fra i maggiorenti di Forza Italia.


E infatti all'Ambiente si è scelta un gruppetto di consiglieri, quasi tutti siciliani, che se non sempre sono particolarmente ferrati nell'ecologia lo sono di certo nella navigazione politica. Lo è senza dubbio il capo di gabinetto Giancarlo Montedoro, giurista catanese dal profilo bipartisan, esperto di banche e appalti, consigliato da Giulio Tremonti. Nonostante abbia solo 37 anni, naviga sicuro nel mondo romano anche il nuovo segretario generale Marco De Giorgi (già braccio destro della ministra alle Pari opportunità come il capo ufficio stampa Salvatore Bianca), che deve 'coordinare', in sostanza mettere la mordacchia, ai potenti e autorevoli direttori delle varie aree. Una nomina, ha spiegato Prestigiacomo, che fa parte della sua "rivoluzione a 360 gradi dell'ambiente", racchiusa nella formula "dall'ambientalismo del no a quello del fare".Che cosa intenda con questa definizione, peraltro scippata agli ecologisti del Pd, lo si è cominciato a capire quasi subito.


Alla prima uscita internazionale, al G8 dell'ambiente di Kobe, aveva sbalordito i presenti dichiarando che l'Italia non ce la faceva a rispettare i tagli alle emissioni stabiliti dal protocollo di Kyoto nella misura del 6,5 per cento entro il 2012. Eravamo già in arretrato e con la nostra industria in affanno non potevamo recuperare. "Non si è mai sentito un ministro dell'Ambiente, di qualunque colore politico sia, che va a sostenere le ragioni di chi inquina", commentava il ministro ombra Ermete Realacci.
Dopo quel primo exploit la strada era aperta. "Il ponte sullo Stretto? Una grande opera, che cambierà il Sud e l'Italia", faceva sapere Stefania in un'intervista. Se si poteva pensare che la difesa di quel mastodonte fosse un omaggio a Berlusconi ("Con il ponte passerò alla storia", ama ripetere il premier), è meno facile capire perché la Prestigiacomo se la sia presa con i Parchi, "poltronifici per politici trombati" secondo la sua elegante definizione. Forse preoccupata dalle molte critiche alle sue proposte di privatizzarli e far pagare il biglietto d'ingresso ai 30 mila visitatori annui, adesso sta lavorando sull'idea di trasformarli in fondazioni e di associare i privati alla loro gestione, sempre in vista di uno sfruttamento economico. "Il ministro sembra essersi dimenticato che la maggior parte dei Parchi sono regionali. È a noi e agli altri enti locali che spetta per legge occuparcene", protesta Silvestro Greco, ex consigliere scientifico del ministero e assessore all'Ambiente della Calabria.


Da due mesi Greco, che è anche il coordinatore degli altri assessori regionali, cerca inutilmente di farsi ricevere con i suoi colleghi dalla Prestigiacomo. Unica consolazione è che non sono solo loro gli esclusi. La lista di chi è finora rimasto fuori dalla porta comprende anche le parlamentari di Globe, rete europea che si occupa di cambiamenti climatici e che in nessun altro paese aveva mai ricevuto sgarbi simili. Ma sono in attesa anche i sindacati, per non parlare degli animalisti, in rivolta sul fronte della caccia.


La 'ministra della doppietta', come qualcuno la definisce, ha deciso di modificare varie restrizioni introdotte dopo molte consultazioni dal decreto Natura del 2000. D'ora in poi, nelle zone di protezione e conservazione speciale, i cacciatori potranno arrivare con auto e gipponi agli appostamenti fissi, sparare a pernici bianche e morette e ancora per un anno usare i micidiali pallini di piombo, nonostante l'impegno a proibirli preso dall'Italia con la Commissione Ue. (L'Espresso)

giovedì

"E' l'ora di cambiare le regole:si dia spazio alla finanza etica"

da La REPUBBLICA - ECONOMIA
Parla il presidente dell'istituto di credito popolare del Terzo Settore, Fabio Salviato"Il nostro modello è trasparente e premia chi fa economia reale, ma siamo penalizzati"
"E' l'ora di cambiare le regole:si dia spazio alla finanza etica"
La crisi finanziaria ha mostrato la debolezza dell'attuale sistema"Si torni ai principi di sana e prudente gestione, finanziando chi migliora la società"di ROSARIA AMATO
ROMA - Per anni Banca Etica è cresciuta a dispetto di un sistema che classificava i suoi investimenti come BB-, "spazzatura", ricorda il presidente Fabio Salviato. Senonché poi si è scoperto che la spazzatura vera era altrove, immessa nel mercato con lusinghieri e rassicuranti rating 'tripla A'. "Siamo arrivati al paradosso per cui si è puniti se si sostiene l'economia reale e premiati se si specula, vengono disincentivati i finanziamenti all'economia sociale ma si permette la piena operatività sul mercato dei derivati perché non regolamentato", dice Salviato. E adesso, nel pieno della bufera finanziaria che ha bruciato miliardi in tutto il mondo, premiata dai risparmiatori che negli ultimi due mesi hanno fatto registrare un aumento del 100 per cento dell'apertura di conti correnti, Banca Etica ha deciso di cogliere l'occasione non per dire "siamo i più bravi", ma per chiedere una revisione delle regole che penalizzano una realtà economica sana e che hanno permesso a istituzioni finanziarie non altrettanto scrupolose e trasparenti di gettare i mercati nel panico e di costringere i governi a massicce iniezioni di liquidità per evitare una rovina analoga a quella del '29. Voi lamentate come in tutti questi anni le imprese finanziate da Banca Etica siano state considerate estremamente rischiose, e per questo penalizzate. "Noi rappresentiamo le imprese non profit , comprese le parrocchie, per esempio. Lei ha mai visto una parrocchia che fallisce? Le nostre imprese presentano un tasso di sofferenza del 0,3% lordo. Noi finanziamo gran parte di quelle imprese che vengono considerate nel sistema del Terzo settore: per questa ragione dalla regolamentazione italiana e internazionale i nostri investimenti vengono considerati a rischio massimo, e penalizzati da difficoltà indicibili nella concessione del credito. Le valutazioni fatte dagli analisti non tengono conto dei piani di sviluppo a medio e lungo termine delle imprese richiedenti, ma badano all'utile immediato senza dare peso al grande valore sociale intrinseco in certe produzioni o in scelte di posizionamento nella comunità locale. E allora bisogna che ci mettiamo d'accordo su queste regole: non è possibile che chi fa economia reale, crea posti di lavoro, milioni di ettari di agricoltura biologica che impiegano il doppio dei dipendenti della Fiat, sia considerato a rischio massimo, e gli altri no. Bisogna rivedere queste regole e privilegiare criteri come i nostri, che hanno dimostrato di essere una buona prassi. Le regole attuali sono quelle che hanno contribuito a portarci a questa catastrofe".
Quali regole in particolare andrebbero modificate secondo voi, e come? "La normativa Ias (i principi contabili internazionale, ndr) considera le imprese ai valori di mercato, come se si dovesse vendere ora. Perché non torniamo alle origini, considerato che le banche sono nate in Italia proprio grazie a San Francesco? Torniano al principio della sana e prudente gestione. Oggi con questi criteri inoltre non abbiamo strumenti con i quali far fronte alle speculazioni. Le regole vanno riviste, in un'ottica di maggiore protezione. Devono essere applicate a tutti: in questo momento è come se avessimo le autoambulanze costrette a fermarsi ai semafori e le Ferrari che possono sfrecciare a 300 all'ora. Infatti le banche d'investimento americane tipo Lehman Brothers non sono assoggettate a nessuna regola: ricevevano la tripla A, emettavano le obbligazioni che valevano più dei titoli di Stato italiani". E quindi, come dovrebbe cambiare il sistema finanziario? "Intanto la banca deve ricominciare a fare la banca: negli ultimi venti anni le banche hanno smesso di fare il loro ruolo, che era quello di raccogliere risparmio e dare fiducia agli imprenditori o ai privati, e hanno fatto sempre più finanza, non credito, alimentando con danaro il mercato finanziario con percentuali sempre più alte, favorendo la diffusione di derivati e altri prodotti altamente speculativi. E invece la banca deve tornare ad essere un soggetto che va a finanziare l'economia reale, naturalmente a ragion veduta". Il problema è anche la trasparenza. "La percezione attuale che si ha del sistema bancario è che ci sia una sorta di opacità. Quando l'Fbi ha cercato di trovare gli speculatori che in America avevano scommesso al ribasso contro alcuni titoli, compreso American Airlines, cinque giorni prima dell'11 settembre, guadagnando un miliardo e 400 milioni di dollari, non c'è riuscita, perché i colpevoli si sono persi nei paradisi fiscali. La trasparenza deve essere uno degli elementi che ci caratterizza, anche, e non solo, per evitare il riciclaggio della malavita: i paradisi fiscali rappresentano elementi di opacità. La trasparenza significa anche che il risparmiatore deve capire come viene investito il proprio danaro". Il risparmiatore italiano però ha una cultura finanziaria quasi inesistente, tende ad accettare qualunque cosa gli propongano banca e consulente finanziario, senza rendersi conto dei margini di rischio. "E' vero che nostri cittadini spesso hanno un rapporto poco responsabile verso la finanza. Però questo atteggiamento deriva anche dal rapporto di fiducia che c'è sempre stato verso la banca. Da un lato serve maggior trasparenza da parte delle banche, ma dall'altra anche il risparmiatore-investitore deve pretendere di avere maggiori informazioni, e deve conoscere alcune regole fondamentali: se io investo in un prodotto finanziario che rende molto più della media, è evidente che sto rischiando di più. Fatte salve le responsabilità del sistema finanziario, anche il risparmiatore deve assumersi le sue responsabilità". Anche se voi siete una banca sana, non avete investito in derivati o in altri prodotti a rischio, il crollo dei mercati vi ha comunque danneggiati? "Noi comunque siamo dentro il mercato, e quindi ne viviamo anche le pertubazioni, ma avendo una politica secondo la quale la raccolta viene utilizzata per i finanziamenti, e il resto rimane in tesoreria, investito principalmente in titoli di Stato, siamo tranquilli. E siamo anche una banca molto liquida, con una raccolta diretta di 550 milioni e indiretta di 100 milioni e impieghi per 400 milioni. Una gestione che ci ha premiati: in questo periodo stiamo assistendo all'apertura di conti correnti 10 superiore rispetto a un mese fa. Anzi, siamo in controtendenza perché stiamo avviando una nuova importante iniziativa". Di che si tratta? "Stiamo per realizzare la prima banca etica europea con francesi e spagnoli, utilizzando un modello cooperativo, in base a una legge europea del 2003. Avrà sede in Italia, e sarà controllata dalla Banca d'Italia. Quindi tutto sommato, a modo nostro, tuteliamo anche l'italianità: il nostro modello cooperativo è stato riconosciuto come interessante da altri Paesi, nei quali era ormai scomparso. Come pure il sistema di premiare gli investimenti 'sostenibili', assicurando migliori condizioni di credito a chi migliora l'ambiente o fa investimenti di particolare valore sociale".
(14 ottobre 2008)

martedì

A FERRARA DI MONTE BALDO


CEA Legambiente Verona
A FERRARA DI MONTE BALDO
DA SABATO 6 A LUNEDI' 8 DICEMBRE
Presso il Centro di Educazione Ambientale “E. Prato” (800 metri, località Corobbi, nel bosco di larici)
Giochi di gruppo, escursioni, esplorazioni, laboratori e...compiti scolastici!!iscrizioni entro il 22 novembretra gli 8 e i 13 annisconto fratelli 10%
Per informazioni: 0458009686 LEGAMBIENTE VERONA 3476083894 STEFANIA - 3472918689 ROBERTA
cea@legambienteverona.it
webmaster:
web@legambienteverona.it

RIVINCE BELLUNO! VERONA TRA LE ULTIME CITTA’ DEL NORD ITALIA

Comunicato stampa del 13 ottobre 2008
Presentato oggi a Belluno Ecosistema Urbano 2009

Indagine sulla sostenibilità urbana di Legambiente, Sole 24 Ore e Ambiente Italia

Rivince Belluno, che si conferma per il secondo anno di fila la città italiana con migliore qualità ambientale. Nelle posizioni di testa anche Venezia che si piazza al 10^ posto. Male invece le altre città del Veneto con Rovigo al 58^ posto, Padova 64esima, Treviso al 71^ posto e a chiudere Verona (75^) e Vicenza (76^).Eccola l’Italia dei centri urbani disegnata da Ecosistema Urbano 2009, l’annuale ricerca di Legambiente sulla qualità ambientale delle 103 città capoluogo di provincia realizzata con la collaborazione scientifica dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia e la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore. La quindicesima edizione di Ecosistema Urbano è stata presentata oggi a Belluno, proprio la città che per il secondo anno consecutivo si impone nella classifica della sostenibilità ambientale guidando un pacchetto di testa che tra le prime cinque vede anche Siena, Trento, Verbania e Parma. Pur senza primeggiare in quasi nessuno dei parametri selezionati Belluno ha comunque buone performance in tutti i settori, senz’altro superiori alla media. E questo in un panorama di generale grigiume basta e avanza per essere, relativamente, il centro urbano migliore. Ha una discreta qualità dell’aria (la media annuale delle polveri sottili scende da 26 a 23 microgrammi per metro cubo, ampiamente entro i limiti di legge). Ha un’ottima raccolta differenziata (il 57,4%), una bassissima produzione di rifiuti, bassi consumi di acqua (136 litri pro-capite) ma perdite eccessive dalla rete idrica (il 36%), un trasporto pubblico sufficiente (76 viaggi a testa ogni anno), una buona dotazione di spazio per le bici (4,6 metri per abitante) e una crescita costante degli spazi interdetti alle auto. Tra i meriti di Belluno c’è sicuramente anche quello di migliorare da un anno all’altro le sue ecoprestazioni.L’altra faccia dell’Italia delle città si chiama Frosinone, ultima nella graduatoria di Ecosistema Urbano 2009, che occupa la coda insieme a Ragusa, Catania e Benevento. Nel capoluogo laziale parecchio smog, un trasporto pubblico quasi inesistente, un altissimo tasso di motorizzazione (73 auto ogni 100 abitanti).“Per quanto riguarda il Veneto – dichiara Michele Bertucco presidente di Legambiente Veneto – sono purtroppo confermate le tante contraddizioni della nostra regione. Ai vertici nella raccolta differenziata dei rifiuti, ma agli ultimi posti per quanto riguarda la mobilità e l’inquinamento. Servirebbero politiche regionali molto più spinte verso il trasporto pubblico per risolvere i problemi delle nostre città, ma la giunta Galan spinge solo verso nuove strade che andranno ad aggravare ulteriormente la qualità ambientale dei comuni del Veneto”.
VERONA solo settantaciquesima!
Inesorabilmente la qualità urbana della nostra città cede posti. Nel 2003, anche se utilizzando un numero di indicatori inferiori ai 29 considerati in questa edizione, Verona si attestava al 52-esimo posto , nel 2005 al 58-esimo posto 65-esima nel 2006 e ancora 58- esima nel 2007; nel 2008 si piazza al 77-esimo posto, riguadagnando infine due striminzite posizioni quest’anno più per le peggiori prestazioni delle altre città che per meriti propri. Alle spalle di Verona tra le città del Nord solo Vicenza (76), Imperia (78) e Alessandria (86), quindi del Centro Italia Massa (89) e ultima Frosinone (103).Ecco, sinteticamente, alcuni indicatori di Ecosistema Urbano 2009 di Legambiente che riguardano direttamente la nostra città, in raffronto, in alcuni casi, alle performance del 2008 e del 2005( vedi istogrammi), e ai valori migliori e peggiori in Italia e nel Veneto.
Verona, 13 ottobre 2008
LEGAMBIENTE VERONA
Per informazioni: Lorenzo Albi 3482625066