mercoledì

E alla fine la Gelmini ha tagliato

di Giorgio Mele

C’è qualcosa di perverso nel modo di governare del ministro Gelmini. Dopo aver sbandierato e giurato nei giorni scorsi che le polemiche sui tagli alla scuola erano senza fondamento, nella circolare emanata negli scorsi giorni l’ineffabile ministro ha obbedito ancora una volta e pedissequamente alla logica di Tremonti e alla filosofia di fondo di questo governo tesa ad affossare la qualità della scuola pubblica.
Sono stati tagliati 42 mila insegnanti nel biennio 2009-2010. Vengono colpiti tutti gli ordini e gradi della scuola italiana, vengono tagliati gli insegnanti di lettere, gli insegnanti di tecnica. Gli insegnanti delle elementari e quelli delle superiori.In questo modo il governo, al di là dell’accoglimento di alcune richieste del sindacato, agisce consapevolmente come uno dei fattori della crisi. Tutti i dati sull’occupazione in Italia e nel mondo indicano una contrazione degli occupati e pongono la necessità di trovare tutti gli strumenti necessari per fronteggiarla e il governo invece come un qualsiasi padroncino irresponsabile decide di continuare nel suo progetto e di gettare nel dramma della disoccupazione per ora 42000 persone e nei prossimi anni altri centomila. Chissà come deve godere il ministro Brunetta di fronte a questa macelleria sociale che colpisce in primo luogo le donne che ormai, quando saranno licenziate, avranno tutto il tempo di fare la spesa anche di mattina senza uscire più dall’ufficio.Con questi tagli e con la riduzione dei finanziamenti le scuole rischiano sempre di non dare un’offerta formativa all’altezza della sfida culturale del presente e vengono ulteriormente penalizzate le regioni come quelle meridionali dove i servizi sono già decisamente carenti.
Ma il punto più significativo è che l’attacco alla scuola pubblica è l’attacco ad una dei fattori più importanti di coesione sociale e di unità del paese. Con la attuazione del federalismo questo rischio di divisione e di disgregazione dell’unità culturale del paese diventa ancora più potente e con essa si alimenta una diseguaglianza inaccettabile tra i cittadini di questo paese. Migliaia di lavoratori della conoscenza hanno marciato a Roma insieme alla Cgil per contrastare questo disegno distruttivo, non hanno fatto una scampagnata, come dice quello zuzzerellone di Brunetta, hanno dimostrato perché la scuola pubblica non venga smantellata, perchè non venga abolito il valore legale del titolo di studio come ha spesso annunciato la Gelmini e perchè non venga approvato il disegno di legge Aprea in discussione nelle commissioni parlamentari, che aprirebbe all’americanizzazione (alla privatizzazione) e allo stesso tempo alla balcanizzazione della scuola italiana. Cioè tutto il contrario di cui ci sarebbe bisogno. Ed è su questo che come sinistra nelle prossime settimane dobbiamo sviluppare dovunque una iniziativa concreta e costante. Ne va del futuro di tutti noi e dei nostri figli.

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